Comprendere i disturbi mentali attraverso la fiction:
leggere aumenta la capacità di lettura della mente e l’empatia
Rubrica a cura di Marzia Albanese e Giulia Pelosi

 

Essere un buon psicoterapeuta, in termini sia di processo che di buon esito delle terapie, implica il padroneggiamento di molte competenze; tra queste alcune sono riconducibili a caratteristiche personali mentre altre sono più strettamente tecniche. Il percorso di formazione in psicoterapia si pone l’obiettivo sia di far apprendere le conoscenze e strumenti tecnici, sia di addestrare allo sviluppo delle qualità personali critiche per la professione. Tra le competenze e qualità critiche per il mestiere di psicoterapeuta ci sono sicuramente la curiosità per lo stato mentale dell’altro e la capacità di rappresentarsi i determinanti psicologici alla base delle condotte e, nello specifico, dei disturbi mentali.

La prima domanda, e la grande sfida che, infatti, uno psicoterapeuta deve porsi davanti ai sintomi, la sofferenza, le convinzioni, la storia di un paziente è: perché questo paziente, con la sua personalità, storia familiare e esperienze, ha sviluppato questo specifico disturbo in questo specifico momento della sua storia? La risposta a questa domanda, che non è altro che la formulazione del caso, è la guida al percorso psicoterapeutico.

Questa rubrica, curata dalle dottoresse Giulia Pelosi e Marzia Albanese, nasce da una passione per narrativa e cinema che ha trovato legittimazione come attività di studio nella lettura di un articolo pubblicato su Science nel 2013,Reading Literary Fiction Improves Theory of Mind” di David Comer Kidd ed Emanuele Castano. Questo articolo (e poi altri come Stansfield, J. and Bunce, 2014; Johnson, 2012) fornisce un supporto scientifico a quello che ogni amante di romanzi e film sa, vale a dire che la fiction di qualità favorisce lo sviluppo della comprensione della mente dell’altro. Gli autori, infatti, presentano 5 esperimenti dai quali emerge che le persone che leggono fiction, confrontati con lettori di altro tipo di testi, riportano risultati migliori nei compiti di comprensione della mente dell’altro e, dunque, di empatia.

I risultati, in effetti, non sono sorprendenti: l’empatia e la comprensione degli stati mentali dell’altro sono frutto della capacità di rappresentarsi le credenze e gli scopi che guidano le condotte. La fiction di qualità, contrapposta a quella che Roland Barthes definisce letteratura più popolare e passiva, è un’operazione attiva che costringe il lettore a impegnarsi nella comprensione degli stati mentali e dei processi psicologici che guidano il comportamento dei soggetti rappresentati, esattamente come accade nella vita reale. A differenza della vita reale, però, consente di entrare in contatto con un numero potenzialmente infinito di personalità e esperienze, anche molto distanti dalla propria vita quotidiana e di farlo senza i rischi e i costi che farlo direttamente implicherebbe; ad esempio, non tutti hanno possibilità, interesse, occasione di incontrare persone con disturbo dissociativo dell’identità o persone che vivono nell’illegalità tutta la vita; la fiction crea questa occasione. Possiamo non aver mai incontrato un assassino tormentato dalla colpa per il suo delitto, ma siamo in grado di rappresentarci le motivazioni e le emozioni di un assassino se abbiamo letto Delitto e castigo. O, più prosaicamente, possiamo non aver mai conosciuto un borderline con grave abuso di sostanze e dipendente dal sesso, ma possiamo farci un’idea degli stati mentali che lo guidano leggendo True di Mike Tyson.

Il ruolo della fiction nello sviluppo di teorie della mente più sofisticate e dell’empatia è tanto più interessante se si considera da un lato che l’empatia è una delle variabili indicate come critica per l’instaurarsi di una buona relazione terapeutica e del buon esito della terapia e, dall’altro, che non è affatto evidente come può essere sviluppata nei corsi di formazione alla psicoterapia. Infatti, esistono dati, come ad esempio, una ricerca di Hall, Davis e Connelly (2000), a favore dell’ipotesi che l’empatia sia un tratto di personalità che tende a mantenersi stabile nel tempo e non sono molto influenzata dalla formazione in psicoterapia.

In questa rubrica, senza nessuna pretesa di esaustività, le curatrici presenteranno libri, film, serie tv che possono essere d’aiuto nella comprensione di uno specifico disturbo o di specifici processi o meccanismi psicologici.

Claudia Perdighe

 

Riferimenti bibliografici

Comer Kidd D. and Castano E. (2013). Reading Literary Fiction Improves Theory of Mind. Science 342 (6156), 377-38
Hall, J. A., Davis, M. H., & Connelly, M. (2000). Dispositional empathy in scientists and practitioner psychologists: Group differences and relationship to self-reported professional effectiveness. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training, 37(1), 45-56.

 

 

Illustrazione “disegniperlasalutementale”  di Elena Bilotta

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