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Riassunto
L’evoluzione delle terapie di tipo cognitivo per il trattamento della schizofrenia si è avuta in un periodo cruciale nella storia delle terapie psichiatriche, caratterizzato da un netto progresso delle conoscenze sul funzionamento neurocognitivo e sulle tecniche di trattamento delle psicosi.
Sebbene a partire dal concetto di demenza praecox di Kraepelin (1919) si sia tentato di individuare una disfunzione cerebrale che spieghi l’eziologia della schizofrenia, tale approccio si è dimostrato riduttivo.
Numerose ricerche di tipo genetico, farmacologico, neurofisiologico dimostrano chiaramente l’importanza dei fattori biologici nelle psicosi, ma tali fattori non sono di per sé sufficienti a spiegarne l’eziologia; per comprendere meglio l’insorgenza ed il decorso dei sintomi psicotici è necessario prendere in considerazione come anche fattori psicologici e sociali interagiscano con una predisposizione biologica (modelli “stress-vulnerabilità ”).
Analogamente, il trattamento della schizofrenia non può limitarsi ad affrontare in modo riduzionistico una sola componente del disturbo, ma deve orientarsi verso un approccio biopsicosociale integrato, che comprenda aspetti farmacologici, psicoterapici e riabilitativi e tenga conto di una molteplicità di aree d’intervento (individuali, familiari e sociali).
Scopo del presente lavoro è quello di illustrare i principali modelli di terapia cognitivo-comportamentale (TCC) applicati alla schizofrenia, con particolare riferimento al trattamento dei sintomi positivi (deliri e allucinazioni).
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