Scompenso

 

In ordine cronologico, nell’arco di un anno, la pz subisce una serie di abbandoni da parte di figure maschili molto significative:

§  Il fidanzato la lascia per un’altra donna

§  Il padre si suicida

§  Il cane maschio scappa di casa

Questi eventi hanno provocato nella pz un grave malessere che l’ha portata a cercare aiuto specialistico, ma comunque sono eventi intervenuti in una profilo personologico già caratterizzato da una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e da una marcata impulsività.

Mantenimento

Circolo vizioso tra: Sé vulnerabile – Stato di minaccia – Stato di vuoto e anestesia emotiva – Gestione disregolata del vuoto (pensieri suicidari e/o comportamenti impulsivi) – Sé indegno

Cicli interpersonali: la scelta di partner “indisponibili emotivamente” va a confermare e rinforzare il senso di indegnità della pz

Comportamenti impulsivi che riducono nell’immediato l’intensità dello stato emotivo ma non permettono alla pz di sperimentare che può gestire stati emotivi negativi

Bassa autostima nucleare che crea un senso di sfiducia nella pz e rinforza lo svilimento dell’immagine personale

Mood congruity effect: lo stato emotivo induce nella pz un’ideazione congruente all’umore che, a sua volta, induce l’emozione congruente.

Vulnerabilità                     

Nella storia di vita della pz sono rintracciabili esperienze prototipiche di vergogna e ridicolarizzazione da parte del padre e di solitudine e abbandono da parte della madre. L’ambiente familiare della pz era caratterizzato da una costante invalidazione emotiva; il modello femminile offerto alla pz dalla madre era quello di una donna compiacente e sessualmente attraente. Sono inoltre presenti esperienze traumatiche quali violenze fisiche in famiglia e aborti. Da ulteriore valutazione testologica (Adult Attachment Interview) risulta uno Stile di Attaccamento Disorganizzato.

Attualmente, ciò che rende vulnerabile la pz è una sensibilità al senso di vuoto, un tema di vita abbandonico, una spiccata sensibilità al giudizio altrui e alla vergogna ed una forte tendenza alla compiacenza. Inoltre, la pz manifesta uno scopo di vita ambivalente : voler essere “donna” come la madre ma anche l’opposto di sua madre perché ansiosa, depressa e frustrata. Risultano pervasive delle credenze patogene di indegnità.

Trattamento

1a fase: 4 mesi

L’obiettivo concordato in questa prima fase è stato quello di ridurre la sintomatologia ansiosa-depressiva. Strategicamente questo è stato effettuato con la raccolta anamnestica e con la ricostruzione della storia di vita della pz. Di grande importanza si è rivelata in questa fase una costante validazione emotiva nel condividere lo stato mentale della pz.

Dopo 4 mesi di trattamento, la pz fa un drop-out e non torna dopo le vacanze estive.

Ritengo che vari fattori abbiano causato l’abbandono della terapia; sintetizzo di seguito gli elementi che ritengo abbiano giocato un ruolo cruciale.

L’aumento della consapevolezza della pz ha provocato un incremento della sua sofferenza. La pz è arrivata da me “anestetizzata emotivamente” e con le sue strategie per far fronte ai suoi sentimenti di vuoto che, per quanto disfunzionali, le permettevano di fronteggiare il malessere. L’aver preso consapevolezza del suo funzionamento e del suo stato mentale da una parte le ha permesso di sentirsi compresa e meno sola, dall’altra ha accresciuto il suo malessere.

Inoltre, è stato rilevante ai fini del drop out il timore del giudizio della terapeuta in relazione ad una scelta sentimentale della pz. Infatti, durante il periodo estivo, la pz ha avuto una relazione sentimentale che si basava esclusivamente su sms; C. non ha mai visto quest’uomo e non ci ha mai parlato telefonicamente. Ha scoperto solo dopo molti mesi che questa persona non esisteva in realtà e che dietro c’era una donna che lei riteneva molto amica. Quando C. è tornata in terapia mi ha detto “mi sento talmente cretina per essere caduta in una situazione del genere! Quando credevo di essere fidanzata tutte le persone che mi conoscono mi dicevano “ma non ti accorgi che questa situazione è assurda?”. Ho pensato che anche lei mi avrebbe fatto ragionare ed io in quel momento non volevo farlo perché avevo bisogno di sentirmi amata anche se solo per sms”.

Dopo 11 mesi la pz mi ricontatta (dopo la fine della pseudo-relazione) e credo che i motivi di questo gesto siano ascrivibili essenzialmente alla sensazione della pz di essere stata capita e validata da un punto di vista emotivo, esperienza per lei inedita. A questo punto ho adottato anche un diverso approccio terapeutico, chiarendo le regole del setting (chiare e condivise) e scegliendo una strategia terapeutica differente con obiettivi realistici e condivisi.

2a fase

Il 1° obiettivo è stato quello di ricostruire l’alleanza terapeutica dopo il drop out, analizzandone congiuntamente i motivi.

La self disclosure della terapeuta (ad esempio su una scarsa regolazione del setting) ha permesso alla pz di capire che avere dei limiti/colpe non implica una diminutio del proprio valore personale; la self disclosure ha prodotto una maggiore fiducia realistica nella terapeuta invece dell’idealizzazione; ha permesso la validazione e la normalizzazione di ciò che provava la paziente (vergogna nei confronti della terapeuta) con un meccanismo di modeling.

La condivisione del modello teorico di riferimento in questa fase ha permesso alla pz di sentirsi compresa e di normalizzare il suo disagio.

Infine abbiamo attuato una riformulazione del contratto terapeutico in termini di regole del setting e obiettivi condivisi.

Il 2° obiettivo prevedeva l’autosservazione e la leggittimazione dello stato mentale della pz ed un aumento della sua consapevolezza sul proprio stato mentale.

Tecniche usate:

§  Focus sul “qui ed ora”, su aree problematiche emotivamente meno intense (realtà quotidiana della pz, problemi comportamentali specifici)

§  Individuazione e denominazione degli stati problematici (per creare un lessico comune) e trattamento in vivo degli stessi con ricostruzione di ABC in seduta per permettere alla pz di prendere contatto progressivamente con le sue difficoltà attuali e di connettere i comportamenti alle emozioni.

§  “Riassunto delle puntate precedenti”: utilizzo di promemoria per rievocare le tematiche affrontate nel corso delle sedute al fine di permettere alla pz di sentirsi all’interno di una relazione stabile e coerente.

§  Tecniche di validazione, condivisione e accettazione con frequenti momenti di sintesi.

Il 3° obiettivo è stato quello di lavorare sulla gestione disregolata del vuoto.

Tecniche:

Apprendimento strategie di coping per superare il momento con attività distraenti (es. rilassamento, preghiera, attività fisica) oppure  prendendosi cura di sé stessa con i 5 sensi.

In questa fase è stata discussa con la pz la possibilità di telefonare alla terapeuta in casi di assoluta emergenza, chiarendo che ricorrere alla terapeuta in momenti di crisi acuta non implica diventare dipendenti da lei o dalla terapia (timore espresso dalla paziente).

Infine, è stato condiviso con la pz il funzionamento degli episodi dissociativi che la pz sperimenta quando avverte il senso di vuoto (“mi vedo da fuori come una particella, mi sdoppio … mi sembra di fluttuare nel vuoto e non di stare in casa. Mi spavento quando mi capita e allora cerco di sentire il rumore del traffico per sentire la vita”). A tal fine abbiamo scritto dei promemoria da utilizzare in quei momenti per imparare a “sentire” l’emozione del momento senza lasciarsene sopraffare.

Esiti

Attualmente è presente una buona alleanza terapeutica; il percorso si svolge in un clima di fiducia reciproca e collaborazione in una relazione stabile.

La pz è in grado di gestire problemi comportamentali specifici cogliendo il nesso tra i suoi comportamenti e le sue emozioni. Non si sono più manifestati comportamenti impulsivi e/o pensieri suicidari in quanto la pz è capace ora di gestire i momenti di “tempesta emotiva” e la sensazione di vuoto grazie alle strategie di coping apprese e a capacità metacognitive più evolute. Anche le relazioni interpersonali sono lievemente migliorate soprattutto per quanto riguarda il rapporto con l’attuale compagno e con la madre, rapporti in cui la pz si mostra più assertiva e meno compiacente.

Nella fase attuale della terapia stiamo iniziando a lavorare sul concetto di valore personale, che per la pz è legato esclusivamente all’essere coinvolta in una relazione sentimentale; a tal fine stiamo cercando di creare nuovi investimenti personali (lavorativi, abitativi, sociali) che facciano sentire la pz centrata su di sé e non solo su un compagno.

Inoltre, stiamo iniziando a recuperare la prospettiva storica della pz al fine di inquadrare la sua storia di vita, segnata da momenti drammatici e traumatici (es. suicidio del padre), in un percorso che le permetta, da una parte, di sentirsi inserita in un processo continuo, dall’altra di prendere distanza dall’immediatezza dell’esperienza vissuta.

Ulteriori obiettivi futuri riguardano la creazione di nuovi schemi di relazione interpersonale e l’analisi della molteplicità delle rappresentazioni del sé per esplorare gradualmente i processi cognitivi ed emotivi che sottendono i comportamenti caotici ed il senso di vulnerabilità personale.

 

 

Marta Lepore

Centro Clinico De Sanctis, Roma

Specializzata a Roma, training Mancini

marta.lepore@hotmail.it

 

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