Presentazione

C. è una donna di 40 anni, nubile, diplomata, di livello socio-economico medio. Lavora come coreografa e ballerina. Da 20 anni vive a Roma dove si è trasferita da una regione del centro Italia per studiare danza.

La pz mi è stata inviata ad aprile 2008 quando ha richiesto aiuto in seguito ad un “malessere generalizzato”. Dopo 4 mesi di terapia, la pz fa un drop out; riprende la terapia a luglio 2009. Non ha mai intrapreso percorsi psicoterapici in passato e non fa trattamento farmacologico.

Anamnesi individuale

9 anni: trasferimento della famiglia in una villa isolata. C. ricorda di aver provato per la prima volta un senso di vuoto e di solitudine; ricorda di quel periodo 2 episodi prototipici della sua paura di essere abbandonata dalla madre e del suo essere compiacente con il padre. Inizia danza.

 

scuola superiore: primi episodi dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione). Mentre studiava o quando era rilassata, le capitava  di percepirsi staccata dal suo corpo o di non riconoscere per breve tempo l’ambiente circostante.

19 anni: si trasferisce a Roma per fare una scuola di danza. Si manifesta il primo episodio bulimico (con condotta di eliminazione). La pz ricorda di aver pensato “in effetti è facile fare così, posso mangiare e poi vomitare per non ingrassare”; aveva bisogno di essere magra per poter entrare nella scuola ma si abbuffava per riempire il senso di vuoto che avvertiva dentro di sé. Le abbuffate erano vissute come un momento che dedicava a se stessa, una gratificazione subito seguita però dal vomito, vissuto invece con grande senso di colpa. Il DCA dura fino ai 27 anni circa.

21 anni: 1° rapporto sessuale. Inizia una serie di relazioni sentimentali e sessuali di cui la maggior parte con uomini più giovani di lei e “problematici” (di cui lei si prendeva cura), tranne una con un uomo molto più grande di lei.

27 anni: rimane incinta di C. ma interrompe la gravidanza (1° aborto). Episodio depressivo in quanto avvertiva che una parte intima di sé le era stata tolta.

29 anni: relazione con E., ragazzo possessivo che a volte la picchiava.  Dopo 1 anno di storia lei resta incinta e lui mette in dubbio la paternità del bambino. Interrompe la gravidanza a Natale (2° aborto), affrontando tutto da sola. L’intervento stesso è stato traumatico per lei perché era sotto anestesia parziale. La relazione comunque continua e dopo 5 anni iniziano a fare progetti di convivenza ma poi lui la lascia per un’altra “con cui non può neanche esserci un confronto” (una persona famosa).

35 anni: morte del padre per suicidio a causa di problemi economici (debiti con la banca per cattivi investimenti a seguito dei quali viene pignorata la villa di famiglia). Si sente delusa e tradita dal padre ed arrabbiata con lui per ciò che ha fatto. Dice che con la sua morte volontaria (la pz non ha mai usato il termine “suicidio”), egli ha distrutto ciò che egli stesso le ha sempre fatto credere e che lui rappresentava  (“abbi fede perché le cose si aggiustano”, “va tutto bene, ci penso io, non ti preoccupare”).

36-37 anni: C. soffre di attacchi di panico dopo una serie di abbandoni. Seguono evitamenti (luoghi chiusi, scene di morte nei film), paura di morire, di perdere il controllo e di impazzire. Periodo caratterizzato anche da malessere fisico (sensazione costante di avere la febbre, rush cutanei).