di Giuseppe Romano e Priscilla Rosini

L’età evolutiva è un periodo che, per convenzione, viene identificato in una fascia di età compresa fra i 3 anni e i 18 anni. In questo lungo arco di tempo, probabilmente, avvengono la maggior parte dei cambiamenti importanti e delle prove che l’individuo affronta nel corso della propria esistenza, dalle prime separazioni con le figure genitoriali, all’acquisizione di nozioni, regole e insegnamenti, all’ingresso nel mondo sociale, allo sviluppo di una propria identità e autonomia, alla scoperta della propria e altrui sessualità, solo per citarne alcune.

Negli ultimi decenni, l’interesse per l’età evolutiva e, in particolare lo studio degli aspetti problematici e l’insorgere di psicopatologia, ha portato a un incremento di nuove teorie esplicative sui disturbi e al fiorire di diversi approcci e protocolli che non sono stati più soltanto semplici adattamenti dei trattamenti dell’adulto. La psicopatologia di un soggetto in età evolutiva, infatti, necessita di riflessioni e attenzioni specifiche.

Ad esempio, spesso è difficile definire ciò che è normale e ciò che patologico, se il periodo temporale di riferimento può cambiare molto velocemente o ancora può essere complesso identificare criteri “stretti” per giungere a una diagnosi, quando l’espressione dei sintomi avviene con condotte simili e poco differenziabili. Inoltre, la presenza di pochi strumenti destinati a svolgere una valutazione, a differenza della fascia di età adulta, rende complesso anche un percorso di individuazione della sofferenza psicologica.

A tutto ciò si aggiunge il contributo delle agenzie educative, prima fra tutte la famiglia, che se da una parte diventano il principale canale di individuazione e segnalazione delle problematiche di un soggetto in età evolutiva, dall’altra sono poco pronte ad affrontare cambiamenti e nuove forme di condotte problematiche. Spesso, infatti, soprattutto in ambito familiare si strutturano modalità di gestione che contribuiscono a mantenere o a esacerbare le stesse condotte sintomatiche.

E’ pregevole, pertanto, cimentarsi con la presa in carico di un bambino o di un adolescente, poiché l’intervento psicoterapeutico, in questa fascia d’età, pone non poche sfide allo psicoterapeuta.

La difficoltà a stabilire una relazione terapeutica, soprattutto quando il bambino o l’adolescente non ritengono di aver bisogno di un aiuto, la “fatica” nel ricostruire la storia della sofferenza e spesso a rintracciare i fattori di scompenso, i fattori di mantenimento del problema che si sovrappongono con esperienze di vita che contribuiscono a generare vulnerabilità psicologica, la presa in carico, il più delle volte e con obiettivi differenti, dell’intero nucleo familiare, sono solo alcuni fra gli elementi di questa complessità.

Il presente numero della rivista è interamente dedicato all’età evolutiva, sia negli approfondimenti teorici che nella presentazione dei casi clinici e offre importanti spunti di riflessione e suggerimenti preziosi da poter applicare alla propria pratica clinica. Persegue due obiettivi differenti, il primo è condividere con gli specializzandi alcuni esempi di casi clinici di bambini e adolescenti trattati con modelli psicoterapeutici diversi. Il secondo contribuire ad aumentare la curiosità e stimolare l’interesse verso l’intervento in questa fascia di età.

Il primo contributo è di Elena Cirimbilla, che descrive e sottolinea il rilievo dato all’alleanza terapeutica in età evolutiva, primo passo perché si possano creare le basi per un percorso di psicoterapia con un bambino o un adolescente. Ma cosa la rende diversa dall’alleanza terapeutica nella psicoterapia per l’adulto e, soprattutto, come si costruisce una buona alleanza in età evolutiva? L’autrice sottolinea quanto questa prassi per il coinvolgimento del bambino nel processo terapeutico, che si delinea in un percorso di creatività e collaborazione tra terapeuta e bambino. Il lavoro si apre con una panoramica sul concetto di alleanza terapeutica, dalle sue origini psicodinamiche alla definizione di Bordin. Segue la descrizione del concetto di alleanza terapeutica nella psicoterapia per l’adulto: la Terapia Cognitivo-Comportamentale, attraverso l’empirismo collaborativo, conferisce importanza al lavoro di squadra e alla partecipazione attiva del paziente, sia nella comprensione dei fondamenti della terapia che nella condivisione degli obiettivi terapeutici e della formulazione del caso. Quest’ultima fase risulta molto importante nella costruzione dell’alleanza, poiché è qui che il terapeuta mostra di aver compreso e di essere nella testa del paziente e il paziente vede nel terapeuta un valido aiuto per risolvere la sua sofferenza. L’autrice prosegue quindi il suo lavoro estendendo le caratteristiche che rendono valida l’alleanza terapeutica nell’adulto all’età evolutiva: anche nel caso dei bambini o degli adolescenti la relazione terapeutica è fondamentale per la riuscita della terapia e anch’essa si basa sui principi che la rendono valida nell’adulto, primo fra tutti la condivisione della formulazione del caso. Viene, quindi, fornita una descrizione dettagliata di quali sono gli ingredienti di una buona alleanza terapeutica tra bambino e terapeuta con l’accento posto sulla condivisione del funzionamento del problema con il bambino stesso: anche in questo caso il bambino acquisisce la giusta fiducia per potersi affidare al proprio terapeuta e lavorare con lui per risolvere la sua sofferenza. Il lavoro si conclude con un esempio prezioso di attività pratica per favorire l’alleanza col bambino e che utilizza la tecnica degli ABC adattandola al mondo dell’età evolutiva.

Segue il lavoro di Laura Bianchi sul Mutismo Selettivo, disturbo considerato fino a pochi anni fa una forma di oppositività del bambino e ora inserito tra i Disturbi d’Ansia nel DSM 5. L’autrice, a partire dalla descrizione dei diversi sistemi di classificazione che si sono succeduti negli anni, illustra le caratteristiche di incidenza e comorbilità del disturbo e fornisce un quadro del modello eziopatogenetico del mutismo selettivo descritto in letteratura. Giunge quindi a fornirci una spiegazione del disturbo in chiave cognitivista, in termini di credenze su di sé, sugli altri e sul mondo che si strutturano per influenza reciproca di fattori genetici, ambientali, temperamentali e neuropsicologici. Con queste premesse, Laura Bianchi approfondisce in modo dettagliato le caratteristiche del disturbo: dal profilo interno, alla valutazione fino alle linee di intervento. L’autrice sottolinea come il disturbo può essere considerato, e quindi trattato, come una forma estrema di fobia sociale: con tale diagnosi, infatti, condivide la credenza sulla propria difettosità, il timore del giudizio dell’altro, l’ansia delle interazioni sociali, il vissuto di vergogna e metavergogna che però, nel mutismo selettivo, non causano una risposta di fuga (o evitamento, come nella fobia sociale) ma un freezing del bambino e quindi a una reazione mutacica. Segue la descrizione dell’assessment del disturbo, con l’indicazione dei principali strumenti di valutazione e una nota importante sulle difficoltà che si possono incontrare nell’assessment con i bambini che presentano mutismo selettivo, di cui è fondamentale indagare i fattori di mantenimento. Nell’ultima parte, l’autrice propone un preciso protocollo di intervento cognitivo-comportamentale pensato principalmente per bambini della scuola primaria, suddiviso in quattro fasi consecutive, tutte accompagnate da un lavoro parallelo sui fattori di mantenimento che coinvolge genitori e insegnanti: la costruzione dell’alleanza terapeutica con la famiglia e il bambino; la costruzione del modello di funzionamento e la comprensione del ruolo del mutismo e dei pensieri disfunzionali; la costruzione della motivazione e la ristrutturazione cognitiva, con graduale esposizione alle situazioni temute; l’aumento della consapevolezza corporea delle emozioni e l’apprendimento delle social skills.

La rivista prosegue con il prezioso intervento di Milena Coletti, Grazia Tiziana Vitale e Maria Grazia Foschino Barbaro che descrivono un’esperienza di psicoterapia di gruppo rivolta ad adolescenti con storie di sviluppo traumatico. Il contributo si apre sul concetto di trauma complesso e di C-PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico – Complesso), di cui vengono dettagliatamente descritti tutti i domini in cui si osserva una compromissione connessa al quadro psicopatologico, dalla tipologia di attaccamento alla regolazione neurobiologica, dalla dissociazione al concetto di sé. Data la complessità del disturbo e la gravità dei sintomi, che richiedono un intervento diverso dal PTSD semplice, visto lo scarso numero di approcci evidenced based presenti in letteratura per l’intervento sui traumi complessi, e a fronte dell’elevato numero di pazienti adolescenti che presentano tale disturbo, le autrici e la loro equipe hanno implementato un intervento di presa in carico che rispondesse alla richiesta di cura del caso specifico e ponesse rimedio alle lunghe liste d’attesa del SSN. Data l’età dei pazienti, le autrici scelgono una psicoterapia di gruppo e integrano l’approccio TF-CBT con l’ITCT-A. L’intervento, dettagliatamente raccontato nelle sue fasi, si pone l’obiettivo di legittimare la sofferenza, di inserire i vissuti dei pazienti in una cornice di significato e di promuovere l’acquisizione di competenze di autoregolazione. Nel loro contributo, le autrici mostrano infine i risultati del protocollo, che vede una riduzione delle strategie di evitamento, un incremento delle competenze di riflessione sui propri vissuti e la modifica dei pensieri disfunzionali.

Nel lavoro successivo, Paola Rossi affronta il tema del minore che si rende autore di un reato sessuale, domandandosi quale sia il trattamento previsto in caso di assenza di tratti antisociali. Il suo contributo si apre con una rassegna sullo stato dell’arte della ricerca, ancora scarsa ed eterogenea e concentrata per lo più sul rintracciare le cause dell’atto e sulla prevenzione di eventuali recidive. L’autrice riporta quindi un profilo dell’adolescente sex offender, delineandone dapprima i fattori di rischio e poi offrendo una panoramica sulle principali classificazioni in uso nella ricerca e nella pratica clinica, che si concentrano o su caratteristiche oggettive del reato e dell’adolescente, come l’età, o su tratti di personalità. Vengono quindi riportati i numeri che descrivono il fenomeno in Italia, dai quali emerge una scarsa preoccupazione per il supporto psicologico rivolto a questi giovani. A partire da queste premesse e dalle ricerche attualmente presenti sul fenomeno, l’autrice cerca di superare l’attenzione rivolta alle sole caratteristiche del reato e alla prevenzione della reiterazione e offre una possibilità di intervento cognitivo-comportamentale. Dall’analisi della letteratura sull’applicazione della CBT nei giovani sex offender, l’autrice evidenzia come emergono caratteristiche peculiari di questo gruppo di pazienti e a partire da una revisione critica di quanto proposto finora nella ricerca, riporta il caso di un giovane sex offender con tratti di personalità evitante e dipendente.

Segue il contributo di Margherita Signorini, che descrive e riporta i risultati di un progetto rivolto alla Scuola Primaria dal titolo “S.O.S. Emozioni”. Il protocollo, che ha coinvolto in primis gli insegnanti e quindi gli alunni, come destinatari ultimi, nasce dall’osservazione del ruolo fondamentale riconosciuto al dominio emotivo nello sviluppo del bambino. Il lavoro si apre con la descrizione del ruolo delle emozioni e con la presentazione delle componenti che concorrono allo sviluppo della regolazione emotiva in età evolutiva, a cui segue la descrizione di come avviene tale regolazione all’interno del contesto scolastico. Si evidenzia quindi il ruolo sia dell’autoregolazione emotiva, strettamente connessa con e facilitante il processo di apprendimento, sia del docente quale adulto di riferimento e risorsa per il benessere psicologico. Il lavoro prosegue quindi con la presentazione dei principali strumenti per misurare la disregolazione emotiva, fallimento della regolazione, e con la descrizione del protocollo sperimentale applicato nella scuola. Il protocollo si muove dall’ipotesi che l’aumento della consapevolezza nei docenti dei fenomeni di disregolazione emotiva e la promozione di skills funzionali al loro contenimento aumenti il benessere psicologico nelle classi diminuendo l’incidenza della disregolazione stessa. Tale ipotesi viene verificata con lo studio qui presentato, che conta un campione di 159 studenti e 16 docenti suddivisi tra gruppo sperimentale e di controllo e che vede l’applicazione di un modello suddiviso in tre unità: la disregolazione emotiva, gli strumenti e le tecniche per la regolazione emotiva e la pratica della Mindfulness.

Conclude la sezione dedicata agli approfondimenti teorici il lavoro di Marcella Giacon, Arianna Polato e Sara Bernardelli, che propongono un riassunto di un lavoro molto più ampio che seguirà dedicato al contributo della REBT alla lotta contro il bullismo. L’articolo si apre con una descrizione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, della loro natura distruttiva e degli effetti sull’autoefficacia e sul valore personale delle vittime. Viene quindi presentata dalle autrici la Terapia Razionale Emotiva Comportamentale, sia nei fondamenti teorici sia nelle principali strategie di intervento, come la messa in discussione dei pensieri disfunzionali e l’accettazione di sé, degli altri e del mondo, che se applicate al fenomeno del bullismo risultano un valido aiuto fornito alla vittima.

Segue la ricca sezione dedicata ai casi clinici.

Il primo caso, di Caterina Villirillo, tratta di un ragazzo di 15 anni che si presenta con un’iniziale diagnosi di DSA e la prescrizione di un trattamento finalizzato all’acquisizione di un metodo di studio. Emergerà fin da subito nel ragazzo la presenza in comorbilità di un Disturbo d’Ansia non specificato strettamente connesso ad una bassa autostima e a credenze incentrate sullo scarso valore personale e sulla convinzione di essere “stupido e inadeguato”. Il lavoro psicoterapeutico di Caterina Villirillo si basa quindi sulla ristrutturazione cognitiva di tali credenze e si muove dall’ipotesi che la riduzione dei sintomi ansiosi produrrà effetti positivi anche sul rendimento scolastico. Il contributo dell’autrice risulta prezioso soprattutto per la proposta di un trattamento in chiave sia CBT che ACT, incentrato sui valori e messo in pratica con la costruzione di un “supereroe” che si impegni in azioni in linea con essi.

Segue il lavoro di Elena Cucchiari, che descrive il caso di una ragazza di 17 anni con un’importante Fobia Sociale in comorbilità con un Disturbo Esplosivo Intermittente che hanno portato la paziente all’isolamento e al ritiro completo dalla vita sociale. Il caso, il cui trattamento è incentrato sulla gestione dell’ansia, l’acquisizione di abilità sociali e la modificazione della percezione di inadeguatezza, risulta particolarmente interessante per le difficoltà che la psicoterapeuta ha dovuto affrontare e risolvere nella costruzione dell’alleanza terapeutica e nel rapporto con la scuola e il medico. Si osserverà come la riparazione efficace dell’alleanza terapeutica da parte della psicoterapeuta porterà ad un graduale miglioramento anche dell’autoreclusione della ragazza.

Anche il caso di Sara Gendrini presenta il trattamento di un ragazzo di 17 anni che vive chiuso nella propria casa da due anni. Il ragazzo soffre di un Disturbo Depressivo Maggiore fortemente connesso al giudizio degli altri, vissuto con estrema ansia e il timore di essere giudicato male, a conferma della sua autoimmagine fallimentare. Anche in questo caso, risulta determinante per la riuscita del trattamento la creazione di una buona relazione terapeutica, a cui l’autrice del caso ha dedicato molte sedute iniziali e che ha consentito di creare un’esperienza interpersonale correttiva che ha favorito nel ragazzo la conoscenza di sé e quindi la condivisione del suo funzionamento, da cui Sara Gendrini è partita per affrontare la sintomatologia presentata.

Il lavoro di Francesca Bianconi tratta il caso di un adolescente di 14 anni con Fobia Sociale, che mette in atto evitamenti, presenta un’importante iperfocalizzazione sui propri stati interni e una forte metavergogna. Il caso risulta interessante non solo perché si può osservare una descrizione del profilo interno secondo il modello di Clark e Wells e l’applicazione, nel trattamento psicoterapico, di tutti gli step del trattamento di Wells, ma anche per il ruolo determinante svolto dalla famiglia del ragazzo e dai cicli interpersonali presenti tra loro. Molti comportamenti dei familiari, infatti, non solo contribuiscono a mantenere il disturbo e sono alla base della vulnerabilità sia storica che attuale del ragazzo, ma rappresentano uno degli ostacoli maggiori incontrati nel corso della psicoterapia, che ha però visto un esito molto positivo nel ragazzo, nonostante l’interruzione del percorso di terapia, voluta dai genitori.

Segue il caso presentato da Elena Cirimbilla di un giovane preadolescente con diagnosi di Disturbo d’Ansia da Separazione e paura di dormire da solo. Anche in questo caso, grande rilevanza è assunta dalla famiglia e dal suo ruolo nel mantenimento del disturbo. Si osserva, infatti, un modello familiare di tipo parental child che si rende evidente grazie ad un’esposizione non riuscita, che rappresenta il punto di svolta nel percorso di terapia, in cui emerge come la madre ostacolasse gli homework del ragazzo e la possibilità di svincolarsi da lei. Il “fallimento” nell’esposizione è l’occasione per mettere in luce il confitto a cui è sottoposto il ragazzo all’interno della famiglia, che gli richiede di dormire da solo e nel frattempo mantiene la sua vicinanza.

Il caso di Simona Rossi tratta di una bambina di 6 anni con una condotta oppositiva provocatoria, all’interno di un quadro familiare di separazione dei genitori e di difficoltà, per chi si occupa della bambina, di offrirle un approccio educativo sempre coerente. Ciò che risulta particolarmente interessante nel caso, oltre alla costruzione precisa degli ABC realizzati con i disegni, all’individuazione dei fattori di mantenimento, alla descrizione e riuscita delle strategie di trattamento e alla partecipazione attiva della famiglia nel percorso, sono le difficoltà incontrate dalla psicoterapeuta in alcune fasi della terapia, inerenti principalmente le reazioni della bambina alla separazione alla fine della seduta e risolte con strategie che hanno visto man mano il miglioramento della problematica.

Conclude la sezione il lavoro di Arianna Polato, che presenta il caso di una giovane adolescente con una diagnosi di Disturbo Oppositivo-Provocatorio. Dal profilo emerge come la ragazza si sia costruita una “corazza di tartaruga” che le impedisce di mostrare agli altri ciò che prova. Sempre nel profilo vengono descritti dettagliatamente gli stati mentali della paziente, che uniti ai comportamenti disfunzionali che mette in atto, come l’autolesionismo e l’abuso di alcol, sembrano delineare il quadro per uno sviluppo futuro di un Disturbo Borderline di Personalità.

Giuseppe Romano, Priscilla Rosini Editoriale pp. 4 – 9
Tesine
Elena Cirimbilla L’alleanza terapeutica in età evolutiva: un percorso tra creatività e collaborazione pp. 10 – 26
Laura Bianchi Mutismo selettivo: eziologia, assessment e trattamento pp. 27 – 48
Milena Coletti, Grazia Tiziana Vitale, Maria Grazia Foschino Barbaro Condividere sofferenze e significati.

Un’esperienza di psicoterapia di gruppo rivolta ad adolescenti con storie di sviluppo traumatico

pp. 49 – 66
Paola Rossi Il minore autore di reato sessuale: quale trattamento in assenza di tratti antisociali? pp. 67 – 91
Margherita Signorini S.O.S. Emozioni: protocollo sperimentale gestione Classi Difficili (Scuola Primaria) pp. 92 – 121
Marcella Giacon, Arianna Polato, Sara Bernardelli Il contributo della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) alla lotta contro il bullismo pp. 122 – 129
Casi clinici
Caterina Villirillo Dario: da vittima del mostro dell’ansia a supereroe pp. 130 – 144
Elena Cucchiari Camila: quando l’ansia ti chiude in casa pp. 145 – 154
Sara Gendrini Giulio: quando il giudizio altrui sfocia in un disturbo depressivo maggiore pp. 155 – 167
Francesca Bianconi Marco: quando fobia sociale e famiglia ostacolano l’adolescenza pp. 168 – 178
Elena Cirimbilla Il ragazzo che non voleva dormire da solo: il caso di A. pp. 179 – 190
Simona Rossi Beatrice: il disturbo oppositivo provocatorio in un contesto complesso pp. 191 – 201
Arianna Polato Il caso di Rebecca: una ragazzina con la corazza di una tartaruga pp. 202 – 212

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