Aspetti neurobiologici e neurofisiologici

Negli studi sul PTSD gli aspetti neurobiologici sono di centrale interesse. C’è ormai una conoscenza abbastanza precisa su questo aspetto che ci dà  informazioni almeno preliminari sia per la comprensione del disturbo, che per il trattamento clinico. Vari autori infatti hanno dimostrato che la risposta a traumi di vario tipo è “…di natura molto complessa: l’ ipermnesia, l’iperreattività agli stimoli e la riesperienza traumatica coesistono con l’ intorpidimento psichico, l’ esitamento, l’ amnesia e l’ anedonia”

(Horowitz, 1978 in  van der Kolk, 2002).

I dati riguardanti gli aspetti neurobiologici  che quelli neurofisiologici si possono considerare come conoscenze ormai abbastanza consolidate.

Ci sono conferme solide di effetti significative ai diversi livelli descritti nella tabella 3

In conclusione quindi si può considerare come paradigma attuale: individui affetti da PTSD soffrono d’ eccettibilità fisiologica elevata in risposta a suoni, immagini e pensieri connessi a specifici eventi traumatici ( van  der Kolk, 2004) . Vi sono alterazioni significative del ritmo cardiaco, della conduttività cutanea e della pressione sanguinea (Blanchard et al. , 1986,  Pitman, Orr et al., 1987 in van  der Kolk, 2004).

Secondo gli studi di Pitman (Pitman et al. 1993 in van der Kolk, 2004) le reazioni autonomiche molto elevate indicano con quale intensità e persistenza  questi ricordi continuano ad influenzare l’ esperienza attuale.

Lang è riuscito a dimostrare che le immagini mentali ad alto contenuto emotivo sono accompagnate da un aumento dell’ attività del sistema nervoso autonomo. Lang avanza l’ ipotesi che i ricordi emotivi vengono immagazzinati come “network associativi” che consistono in elementi sensoriali dell’ esperienza e vengono riattivati quando il soggetto si trova ad affrontare delle situazioni che stimolano un numero sufficiente degli elementi che li compongono (Lang P.J.,1979 in van  der Kolk, 2004).

Gli studi di Kolb hanno dimostrato che una stimolazione eccessiva del sistema nervoso centrale (SNC), tipica per l’ esperienza traumatica,  può provocare  mutamenti neuronali che influenzano negativamente il processo di apprendimento, di assuefazione e di discriminazione degli stimoli (Kolb, 1987 in van  der Kolk, 2004).

La spiegazione di tutti gli effetti neurobiologici e neurofisiologici elencati nella tabella II spezzerebbe la cornice di questo lavoro. Tuttavia l’ampia portata di questi effetti a livello psicopatologico e/o psicologico mi appare  di primaria importanza, a partire dall’ impatto che le esperienze traumatiche possono avere sui Modelli operativi interni (MOI), fino agli aspetti comportamentali.  

Memorizzazione dell’ evento traumatico e tipi di memoria

Per capire la modalità della memorizzazione del trauma, è utile tenere presente quello che la psicologia generale ha potuto osservare ed accertare sulla memoria, ovvero sui tipi di memoria.  

1. Psicofisiologici

                       A.          Risposte autonome SNA estreme a stimoli che rievocano il trauma

                       B.          Iperreattività a stimoli intensi ma neutrali (perdita della discriminazione degli stimoli)

a)    mancata assuefazione della risposta acustica d’ allarme

b)    risposta sottosoglia alle intensità sonore

c)     pattern elettrico ridotto nei potenziali corticali collegati all’ evento

2.       Neuro- ormonali

                       A.          Noradrenalina (NA), altre catecolamine

a)    catecolamine urinarie elevate

b)    aumento della risposta metabolita NA plasma alla yohimbina

c)     sottoregolazione dei ricettori adrenergici

                       B.          Glucocorticoidi

a)    diminuzione dei livelli di glucocorticoidi inattivi

b)    diminuzione della risposta glucocorticoide allo stress

c)     sotto-regolazione dei recettori glucocorticoidi

d)    ipersensibilità al desametasone a  basso dosaggio

                       C.          Serotonina

a)    diminuzione dell’ attività della serotonina negli animali traumatizzati

b)       migliori risposte farmacologiche agli inibitori d’assorbimento della serotonina

c)       Oppiodi endogeni

a)       aumento della risposta oppioide a stimoli che ricordano il trauma

b)       condizionabilitá dell’ analgesia indotta da stress

                    D.            Ormoni diversi, effetti sulla memoria

a)       NA, vasopressina: consolidamento dei ricordi traumatici

b)       Ossitocina, oppiodi endogeni: Amnesie

3.       Neuro anatomici

A. Diminuzione del volume dell’ ippocampo

B. Attivazione dell’ amigdala e delle strutture connesse durante il

    flashback

C. Attivazione delle aree sensoriali durante il flashback

D. diminuzione dell’ attivazione dell’ area Broca  durante il flashback

E. marcata lateralizzazione dell’emisfero destro

4.       Immunologici

A. Aumento del rapporto CD 45 RO/RA

Tabella 3: Anormalità psicobiologiche nel PTSD (van  der Kolk, 2004)

Tipi di memoria:

Oltre al differenziare tra memoria implicita (contenuti memorizzati non “coscienti”)  ed esplicita (contenuti i quali sono memorizzati “coscientemente”)   (Spuire & Zola Morgan, 1991 in Zimbardo & Gerrig, 1999) la psicologia generale, distingue fra i seguenti tipi di memoria:

• Memoria semantica:

La conoscenza in generale che possediamo come esito di processi di astrazione e generalizzazione a partire da episodi specifici; composta di

schemi, modelli, paradigmi, proposizioni, programmi, script. Questa memoria inizia a svilupparsi durante il secondo anno di vita mentre la memoria episodica non si sviluppa fino ai tre anni circa di età.

• Memoria episodica:

È rappresentata dalle nostre memorie personali composte di fatti, distinte dalla conoscenza generale. Secondo alcuni autori, la distinzione rispetto alla memoria semantica è essenzialmente di convenienza concettuale, in quanto non rappresenta un vero sistema separato dalla memoria semantica. Da un punto di vista clinico invece, questa distinzione e molto euristica. La memoria autobiografica è un tipo di memoria episodica.

• Memoria di lavoro:

Diversa da tutte le altre in quanto non si tratta di un magazzino di informazioni, ma piuttosto di un processo corticale di integrazione di informazioni generate da altre parti del cervello. Questa distinzione, tuttavia, è relativamente opinabile. Si differenzia dagli altri sistemi, essendo interamente processuale e dipendente dagli altri sistemi di memoria. Probabilmente ha luogo nella corteccia prefrontale  (Schacter et al., 1994), ma sembra coinvolgere anche 1’ipotalamo.

• Memoria procedurale:

Il tipo di memoria più ampiamente rappresentata; si occupa, – esemplificando – di ogni cosa che e più facile “fare” e “mostrare” piuttosto che dire.  Esempi sono:

§  abitudini ed abilità acquisite (per es. annodare, guidare una macchina, etc.)

§  azioni riflesse, risposte di condizionamento classico

§  modalità di gestione ed espressione delle emozioni

§  configurazioni di comportamento interattivo

§  modalità di reazione a situazioni di minaccia e  incolumità (fisica e psicologica)

Questa memoria si sviluppa prima della memoria episodica. Rispetto alla memoria semantica presenta però minore flessibilità, correggibilità,  accessibilità, analisi sequenziale, reperibilità verbale.

Una parte sostanziale ed autorevole della letteratura sui disturbi post-traumatici supporta abbondantemente l’ipotesi che la fonte della sofferenza siano essenzialmente i nuclei/elementi frammentati della percezione dell’evento, che erano troppo “forti” per essere elaborati e archiviati nella memoria autobiografica ( o episodica ). Questo comporta che i frammenti di percezione non seguono le regole di una rievocazione “volontaria” o gestibile ma, – come è tipico per la memoria procedurale, –  si rievocano con una relativa “autonomia” causando una riattivazione neuronale che il paziente sente come attivazione fisiologica.   

Un’ ulteriore complicazione è data dal fatto che i “vissuti traumatici” non sempre sono memorizzati nella memoria esplicita ma piuttosto in quella implicita; questo avviene spesso in pazienti adulti, traumatizzati e abusati da bambini che, avendo “dissociato”, non hanno accesso diretto e cosciente all’evento traumatizzante.

La complessità delle risposte 

“Il trauma può colpire le vittime a qualunque livello di funzionamento: biologico, psicologico, sociale e spirituale…. “ (van der Kolk et al. 1996) Gli studi di Greene et al. (1992), Davidson et al. (1991) dimostrano che il PTSD presenta un alto livello di comorbilità  con i disturbi dell’ umore, disturbi dissociativi, disturbi d’ ansia, con l’abuso di stupefacenti e con le patologie del carattere.

Nonostante la vasta gamma di risposte soggettive/individuali agli eventi traumatici,  si può individuare e delineare una serie di sintomi che possono far seguito ad un’ esperienza traumatica.

La riesperienza intrusiva. I ricordi dell’ evento traumatico possono essere altamente intrusivi, ripetitivi, sempre uguali e possono esprimersi in forma di flashback, incubi, riattualizzazioni interpersonali, sensazioni somatiche, stati affettivi e/o temi di vita pervasivi (van der Kolk et al. , 2004). La “riesperienza“ non avviene sempre in uno stato di  piena conoscenza, ma può manifestarsi a vari livelli di coscienza: a) in mancata conoscenza b)  in stati di fuga quando i rivissuti avvengono in uno stato di coscienza alterato c) “…essere sotto forma di frammenti di percezione monolitici e separati che irrompono nella coscienza” (van der Kolk,  2004) d) in fenomeni di transfert in cui l’ eredità traumatica viene rivissuta come destino ineluttabile e) nell’ espressione parziale ed esitante dell’esperienza come narrazione insopportabile (van der Kolk et al. , 2004). 

Iperreattività autonoma. Le risposte fisiologiche nelle persone affette dal PTSD sono condizionate a reagire agli stimoli evocatori del trauma con la reattività autonoma dell’ emergenza mettendo in allerta l’organismo. Ma proprio questa facile attivazione rende i soggetti incapaci di fidarsi delle loro sensazioni per prepararsi in maniera adeguata. L’aumento della stimolazione autonoma, che può essere suscitato da uno stimolo attivante ma anche solo dell’ ansia stessa, interferisce non solo con il benessere psicologico ma può anche scatenare reazioni inadeguate alle necessità. 

Ottundimento della sensibilità. I soggetti traumatizzati sembrano impiegare le loro energie per evitare le sensazioni interne che provocano stress o a controllare le proprie emozioni. In questo modo tendono ad affrontare l’ ambiente con ritiro emotivo ovvero con ottundimento  emotivo (in forma di depressione, anedonia, mancanza di motivazione, reazioni psicosomatiche, stati dissociativi).

Reazioni emotive intense. I soggetti traumatizzati perdono la capacità di regolare gli affetti. La risposta affettiva è immediata, senza che il soggetto possa comprendere la cosa che lo turba. I soggetti provano intense sensazioni di paura, ansia, rabbia e panico, anche di fronte a stimoli di lieve entità. Il paziente, di conseguenza, ha una reazione eccessiva oppure, per evitare ciò, si chiude completamente e/o si isola. Sia bambini che adulti che soffrono di questa iperreattività, facilmente sviluppano un disturbo del sonno e/o difficoltà di concentrazione.

Difficoltà di apprendimento. In seguito alle difficoltà di concentrazione e all’ iperreattività fisiologica, i soggetti frequentemente sviluppano la mancanza di capacità di apprendimento dall’ esperienza. Sono stati osservati anche perdite di modalità di coping dello stress elaborate in precedenza e assunzioni di modalità di coping regredite.

Disturbi della memoria e dissociazione. Da una parte possiamo individuare l’ipermnesia dell’ evento traumatico che, come ricordo intrusivo si ripete nel tempo. Dall’ altra parte si possono individuare sindromi amnesiche relative all’ evento traumatico che possono essere parziali o complete. La dissociazione in questo caso  è “capacità psicologica” (Reddeman, Dehner –Rau, 2004) usata per fronteggiare l’ insopportabilità dell’ evento. Putman (1989) scrive  che i bambini esposti a traumi gravi e/o prolungati possono organizzare interi tratti di personalità per far fronte alle esperienze traumatiche. 

Aggressione contro di sé ed altri. Studi hanno evidenziato che soggetti affetti dal PTSD rivolgono verso altri o verso se stessi l’aggressione subita. Maltrattamenti durante l’infanzia sono un forte fattore di rischio per lo sviluppo di atteggiamenti aggressivi contro sé stessi oppure verso altri. Comportamenti aggressivi sono stati ben documentati anche nei veterani di guerra ( Lewis 1990, 1992)

Reazioni psicosomatiche- Tanti pazienti affetti da PTSD vivono lo stress (ansia, arousal elevato, rabbia) a livello fisico e non come stato psicologico (Saxe et al., 1994) . Soffrono di alessitimia, dell’ incapacità di identificare, articolare e tradurre le sensazioni somatiche in sentimenti elementari quali rabbia o paura. Secondo Krystal, (1978) e Pennebaker (1993) è proprio la loro ansia “cronica” ma anche l’ottundimento emotivo ad ostacolare la capacità di riconoscere gli stati emotivi interni.