di  T. Antonicelli*, E. Capriati*, A. Laforgia*, R. Porcelli*, A. Sgaramella*, M.G. Foschino Barbaro^*

*Associazione Italiana di Psicoterapia Cognitiva, (AIPC) Bari

^U.O.S.D. Psicologia Azienda Ospedaliera Policlinico Giovanni XXIII Bari, Direttore Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva  AIPC sede di Bari

Vogliamo ringraziare le allieve Francesca Lovero e Daniela Prudente del 4° anno del corso di specializzazione in psicoterapia cognitiva gestito dall’Associazione Italiana di Psicoterapia Cognitiva di Bari, per il contributo che hanno fornito alla realizzazione del presente lavoro.

La diffusione della pandemia COVID-19 ha comportato uno stravolgimento degli stili di vita quotidiani e delle dinamiche relazionali, con ripercussioni sul benessere psicosociale dell’intera collettività. Emergenze sanitarie come la diffusione di epidemie, possono causare vissuti di stress ed ansia rilevanti; ciò è ancora più comprensibile alla luce delle specifiche peculiarità della pandemia in corso e delle misure restrittive deliberate per fronteggiarla. L’esperienza psicologica legata al coronavirus è influenzata da aspetti intrapsichici dell’individuo e da variabili socio-culturali, come il nucleo familiare e il contesto sociale di appartenenza. Tuttavia, è fondamentale comprendere le specifiche sfide psicologiche che ciascun individuo si trova a dover fronteggiare in relazione al ruolo sociale assunto e al grado di coinvolgimento in questa battaglia a difesa della vita. L’obiettivo del presente lavoro è presentare una panoramica teorica sugli aspetti psicosociali caratteristici della pandemia COVID-19, e sui possibili esiti psicologici; tale lavoro mira, inoltre, a proporre buone prassi per il fronteggiamento di tale emergenza e a promuovere una riflessione clinica circa l’implementazione di interventi psicologici efficaci e commisurati alle esigenze dell’intera popolazione.

Parole chiave: COVID-19, pandemia, esiti psicologici, buone prassi

COVID-19 emergency: psychological aspects and good practices to promote psychological well-being

Summary

The COVID-19 pandemic has caused significant changes in the lifestyle and in the interpersonal relationships, and it can affects the social well-being of the entire community. Health emergencies, such as pandemic, can bring to stress responses and feeling of anxiety; in particular COVID-19 pandemic, and the necessary restrictive measures established, presents specific stress factors that can increase the psychological suffering. The psychological experience depends on intrapsychic and social variables and it is also influenced by the social role played by an individual in this struggle to defend human life. The aim of this article is to study the psychological and social variables associated with COVID-19 pandemic, and the psychological outcomes; furthermore this articles aims at suggesting good practices, as evidenced in literature, to face this emergency and to promote psychological well-being.

Key words: covid19, pandemic, psychological outcomes, good practices.

La condizione di emergenza nazionale dovuta alla pandemia di COVID-19 sta avendo un impatto poderoso sulla salute psicologica di tutti gli individui coinvolti; se è vero, infatti, che la diffusione di epidemie può comportare vissuti di stress, paura e ansia elevati, questo è ancor più vero alla luce della quarantena forzata cui l’intero Paese è stato sottoposto ed è verosimile ritenere che gli esiti sulla salute potrebbero essere, in alcune circostanze, tali da sopraffare l’individuo.

Ciascuno reagisce in maniera differente alle situazioni stressanti e tali reazioni possono essere influenzate da esperienze di vita e da caratteristiche di personalità, nonché dal contesto sociale di appartenenza. La reazione allo stress di una stessa persona, inoltre, può variare nel tempo e a seconda delle circostanze (Center for Disease Control and Prevention, 2020c).

È pur vero che si possono individuare categorie di persone più esposte al rischio di COVID-19 e alle relative complicazioni in termini psicosociali: vi sono anziani, persone con malattie croniche, persone con disturbi mentali e disturbo da uso di sostanze, adolescenti e bambini, operatori sanitari e, in generale, tutti coloro che si stanno prendendo cura di pazienti affetti da coronavirus (CSTS, 2020b).

L’esperienza psicologica legata alla diffusione del coronavirus è, tuttavia, caratterizzata da specifici fattori di stress quali (IASC, 2020):

  • Il rischio di essere contagiato o contagiare, soprattutto dal momento che le modalità di trasmissione non sono completamente chiare;
  • La presenza di sintomi comuni ad altre patologie come la comune influenza;
  • La preoccupazione dei genitori di sapere i propri figli a casa, purtroppo talvolta senza l’appropriato supporto;
  • Il rischio di deterioramento fisico e mentale di individui vulnerabili e con disabilità anche laddove i genitori siano con loro in quarantena e non si disponga di altre figure di supporto solitamente presenti;
  • Il rischio di essere esposti a lutti traumatici in quanto la pandemia stessa costringe ad una “morte senza saluto” impedendo di vedere i propri cari defunti, non consentendo l’attuazione di cerimonie e riti funebri che favoriscono la socializzazione del dolore, la narrazione con i propri cari, e che permettono, in generale, una ritualizzazione della morte racchiudendola in una cornice di significato (Goffredo et al., 2019; Onofri et al., 2015).

Sebbene alcune di queste conseguenze siano legate a minacce reali e concrete, è possibile che emergano reazioni e comportamenti legati anche ad altri fattori, quali la scarsa informazione o la disinformazione che favoriscono la diffusione di idee distorte come: a) il virus colpisce solo gli anziani; b) il virus può essere trasmesso dagli animali (e questo può provocare e incrementare il rischio di abbandonarli); c) l’uso di alcool o fumo può uccidere il virus; d) la malattia è stata premeditata per colpire specifiche popolazioni; e) anche il cibo è contaminato; f) persone di determinate culture possono trasmettere il virus e questo incrementa discriminazioni razziali (IASC, 2020). E’ importante, altresì, considerare l’aspetto dello stigma sociale trasversalmente alle diverse fasi dell’emergenza del COVID-19, in particolare rispetto a coloro che guariscono dalla malattia e che devono reintegrarsi all’interno della comunità in maniera graduale (IASC, 2020; CSTS, 2020h).

Esistono, tuttavia, sfaccettature positive come le esperienze di forza, autoefficacia, orgoglio e felicità di persone che individuano strategie di coping e modalità di fronteggiamento dell’esperienza di quarantena di tipo resiliente (IASC, 2020).

Il contagio da COVID-19: possibili implicazioni psicologiche nei sopravvissuti e nei familiari

La letteratura sugli esiti psicologici dei sopravvissuti a epidemie simili non risulta, ad oggi, particolarmente ricca. I sopravvissuti riferiscono frequentemente intensi sentimenti di paura legati alle conseguenze che tale virus, potenzialmente fatale, potrebbe generare. I sintomi dell’infezione, come febbre, ipossia, fame d’aria e tosse, uniti agli effetti collaterali del trattamento farmacologico, come insonnia e nausea, potrebbero causare un peggioramento della condizione di ansia e di stress esperito, elicitando intense paure di morte. (Xiang, Y. et al., 2020). Come in tutte le condizioni acute ed inattese, il paziente si ritrova a doversi confrontare con un’immagine diversa di sé, malato e contagiato, quindi pericoloso per la salute degli altri. L’isolamento stesso, l’assenza prolungata di contatto fisico e di un adeguato supporto emotivo, proprio quando è più intenso il vissuto di fragilità e vulnerabilità, potrebbero aggravare i sentimenti di angoscia, solitudine, paura e colpa esperiti. A questi fattori si aggiunge lo stress dell’ospedalizzazione che già in condizioni meno avverse si configura come una rilevante fonte di disagio.

Il periodo di quarantena forzato disposto ai parenti dei pazienti positivi al virus, inoltre, potrebbe aumentare il vissuto di ansia e generare sentimenti intensi di colpa per la possibilità di aver contagiato i propri cari e, altresì, per averli esposti allo stigma (Xiang, Y. et al., 2020).

Nei pazienti assistiti a domicilio è richiesta comunque la quarantena necessaria al fine del contenimento dell’epidemia, ma l’isolamento forzato e la coabitazione coatta, oltre allo stato di incertezza rispetto alle difficoltà di prevedere l’andamento dell’epidemia stessa, hanno un costo psicologico enorme per tutti gli individui coinvolti e per gli operatori sanitari che si prendono cura di loro. Studi effettuati sulle precedenti epidemie hanno mostrato che la durata della quarantena è direttamente proporzionale all’aumento di sintomi da stress post-traumatico (CSTS, 2020b).

Brevemente, gli stressor della quarantena da COVID-19 includono (CSTS, 2020b):

  • Frustrazione e noia legate all’isolamento, causate dalla perdita della solita routine (ad es. normali attività domestiche e lavorative, acquisti per necessità) e dal limitato contatto sociale e fisico con altri.
  • Percepita mancanza di trasparenza da parte delle autorità.
  • Paura di contrarre e/o infettare altri, che possono manifestarsi con preoccupazione intensa circa la propria salute e attenzione particolare rivolta ai sintomi fisici. Questi aspetti possono essere particolarmente rilevanti per le donne in gravidanza e genitori di bambini piccoli.

È utile, altresì, considerare gli stressor post quarantena (CSTS, 2020b):

  • Perdita finanziaria. Assenza dal lavoro, costi sanitari e altri oneri finanziari imprevisti possono comportare disagio socio-economico, in particolare tra coloro con redditi più bassi.
  • Stigmatizzazione e rifiuto da parte di vicini, colleghi di lavoro, amici e persino familiari; essere trattati diversamente o con paura e sospetto, essere evitati o esclusi dalle attività da tempo libero, lavoro o attività scolastiche. Lo stigma può essere esacerbato se gli individui in quarantena sono membri di un particolare gruppo etnico o religioso.
  • Tornare alla propria routine. Tornare al normale lavoro e alle routine sociali può richiedere da alcuni giorni a diverse settimane o addirittura mesi. Essere consapevoli che potrebbe volerci del tempo per tornare alle normali abitudini può aiutare ad affrontare la preoccupazione, l’ansia e la frustrazione.

Le risposte psicologiche e comportamentali agli stressor sopra elencati includono (SAMHSA, 2014):

  • Ansia, preoccupazione o paura correlati al proprio stato di salute o quello di altri come amici e familiari e al monitoraggio continuo dei segni e sintomi della malattia; preoccupazione di non essere in grado di prendersi cura efficacemente di bambini o altri a sé affidati.
  • Diminuzione della percezione di sicurezza ed incertezza per il futuro.
  • Rabbia, legata anche al pensare di essere esposti alla malattia a causa della negligenza altrui.
  • Senso di colpa.
  • Solitudine associata al sentirsi esclusi dal mondo ed isolato dai propri cari.
  • Adozione di comportamenti a rischio (aumento dell’uso di alcol e tabacco, alterato equilibrio lavoro/vita privata, isolamento sociale, aumento del conflitto familiare e violenza).

Una minoranza degli individui, in particolar modo chi ha perso dei cari o si è ammalato, svilupperà sintomi depressivi quali sentimenti di disperazione, alterazioni dell’appetito o del sonno, apatia, irritabilità, o sintomi di un disturbo da stress post-traumatico (PTSD), come ricordi intrusivi, flashback, elevato arousal, incubi (CSTS, 2020b).

Sarebbe utile che venissero condivisi con i pazienti e i loro familiari i piani di trattamento, i rapporti sullo stato di avanzamento della malattia e gli aggiornamenti sullo stato di salute. Potrebbero risultare utili servizi per fornire consulenza psicologica utilizzando dispositivi ed applicazioni elettroniche come smartphone e WeChat, utili anche al fine di mettere in contatto i pazienti con i loro cari, riducendo così l’isolamento esperito ed i vissuti di solitudine conseguenti (Xiang, Y. et al., 2020).

In questi pazienti andrebbero previsti regolari screening clinici per la depressione, l’ansia e i disturbi stress-correlati oltre che trattamenti psicologici e psichiatrici tempestivi per coloro che presentano problemi di salute mentale più gravi (Xiang,Y.et al., 2020). Per la maggior parte dei pazienti, le risposte emotive e comportamentali fanno parte di una risposta adattiva ad una condizione di stress straordinario, pertanto potrebbero essere utili tecniche psicoterapeutiche focalizzate sul trauma.

Sulla base dell’esperienza maturata a livello mondiale sull’impatto psicosociale generato dalle epidemie virali, lo sviluppo e l’implementazione di una pronta valutazione, di un supporto psicologico, e di un trattamento risultano obiettivi cruciali e urgenti per la risposta sanitaria all’epidemia di COVID-19 (Xiang, Y. et al., 2020).

Promuovere il benessere psicologico della comunità

Il supporto alla popolazione e la promozione del benessere psicologico di pazienti e familiari dovrebbero seguire alcuni principi generali quali (National Center for PTSD, 2020; CSTS, 2020b; CSTS, 2020e; CSTS, 2020f):

  1. Promuovere l’utilizzo di una comunicazione efficace ed autorevole come strumento di intervento. L’uso di una comunicazione chiara, comprensibile e pratica può ridurre le risposte psicologiche avverse e aumentare l’aderenza comportamentale all’adozione di stili di vita sani. Fornire comunicazioni rapide, ripetute, culturalmente adeguate ed appropriate rispetto agli interlocutori sulla natura della malattia, sui motivi della quarantena e altre informazioni essenziali. È utile ottenere le informazioni più recenti sul contagio attraverso risorse credibili, come ad esempio la Protezione Civile o l’Istituto Superiore di Sanità, al fine di fornire informazioni accurate ai pazienti. Questo consente di correggere e prevenire i rischi della disinformazione spesso veicolata dai media. A tal riguardo, la ricerca ha mostrato che l’eccessiva esposizione ai media, spesso finalizzata ad un tentativo di controllo della situazione, comporta notevoli rischi sulla salute psicologica.
  2. Psicoeducazione. Gli operatori sanitari sono in prima linea nell’intervento e sono in grado di orientare i comportamenti dei pazienti. La psicoeducazione del paziente svolge un ruolo fondamentale sia nel contenere la malattia che nel mitigare le emozioni angosciose. È fondamentale, tuttavia, che la comunicazione avvenga in maniera appropriata alle caratteristiche di ciascun individuo. Informare i pazienti sulle buone prassi adottate in prima persona, può ridurre il rischio di contagio.
  3. È bene normalizzare le reazioni di stress, i vissuti emotivi ed i sintomi somatici che sono comuni nel contesto di situazioni incerte e potenzialmente letali, come le epidemie. Un buon primo passo è quello di riconoscere e normalizzare tali reazioni (“vedo che sei stressato e questo è del tutto comprensibile. Molte persone si sentono in questo modo proprio adesso.”). Questo li aiuterà a diventare più consapevoli dello stato della loro salute mentale e ad evitare l’angoscia prima che diventi più difficile da gestire. È importante inoltre aiutare le persone a vivere in maniera meno intensa e turbolenta possibile il periodo di stress, attraverso il ricorso a strategie di rilassamento, counseling, training, ristrutturazione di informazioni distorte.
  4. Identificare e supportare i pazienti ad alto rischio. Pazienti gravemente depressi, con pensieri ossessivo-compulsivi, o con una predominanza di sintomi somatici, o pazienti precedentemente esposti a traumi, possono essere particolarmente vulnerabili. Un contatto clinico più frequente può aiutare a far emergere preoccupazioni ed a evitare gravi esacerbazioni o ricoveri. Laddove si individuino situazioni di rischio legate alla presenza di gravi emozioni di angoscia, recidiva o un peggioramento della psicopatologia, utilizzo regolare di sostanze o ideazione suicidaria o comportamenti para-suicidari, è bene indirizzare i pazienti verso i servizi territoriali di riferimento.
  5. Promuovere un senso di sicurezza minato dalla diffusione dell’epidemia e potenziare la percezione di autoefficacia. Le epidemie come il COVID-19 possono generare senso di impotenza rispetto alla prevenzione e alla protezione per sé e per i propri cari e alla gestione dell’eventuale patologia conclamata. È importante, a tal proposito, facilitare la comunicazione con i propri familiari in quanto la conoscenza delle loro condizioni di salute può avere un forte impatto sulla salute emotiva degli individui in quarantena e migliorare l’aderenza alla quarantena stessa.
  6. Promuovere un senso di connessione. Il supporto sociale è essenziale per fronteggiare situazioni stressanti. Pertanto, è opportuno promuovere le modalità di contatto sociale attraverso l’uso adeguato della tecnologia. È utile pianificare le attività durante la quarantena al fine di aiutare a ridurre la noia e ridurre l’attenzione su sintomi e sulla sensazione di essere isolato dalla famiglia e dagli amici. Facilitare l’accesso a Internet e ai social media è importante per mantenere i contatti interpersonali e le comunicazioni a distanza. Tuttavia, l’esposizione ai media deve essere monitorata, in quanto, se eccessiva, può aumentare lo stress emotivo.

Sostenere il benessere del personale sanitario

La letteratura di riferimento sugli esiti psicologici del personale sanitario coinvolto nelle precedenti epidemie (SARS, Ebola) ha evidenziato l’emersione di vissuti di distacco dagli altri, ansia, irritabilità, insonnia, scarsa concentrazione e indecisione (Brooks et al., 2020). In particolare, in uno degli studi esaminati, valutando i sintomi depressivi 3 anni dopo la fine della quarantena, è stato rilevato che il 9% dell’intero campione riportava sintomi depressivi elevati (Brooks et al., 2020). In particolare, in seguito all’epidemia da SARS, gli operatori socio-sanitari avevano sviluppato dipendenze da sostanze e da alcol (Brooks et al., 2020).

L’estremo stress, l’incertezza e le difficoltà di natura medica legate alle epidemie globali come il COVID-19, richiedono un’attenzione particolare ai bisogni del personale sanitario.

Infatti, il personale sanitario si ritrova a dover fronteggiare diverse sfide tra cui (CSTS, 2020c; CSTS, 2020g):

  1. Un incremento esponenziale delle richieste di cura da parte dei pazienti a fronte di concomitanti problematiche di salute del personale sanitario o dei propri cari.
  2. Un incremento del rischio di contrarre l’infezione e trasmetterla a familiari ed amici o colleghi; a questo si associa lo stigma sociale a cui sono esposti, per essere stati in contatto con pazienti affetti da coronavirus, che può generare resistenza ed evitamento verso gli stessi.
  3. Utilizzo di attrezzature e misure protettive che possono essere scomode, limitare la mobilità e anche la comunicazione, con efficacia preventiva talvolta incerta; inoltre, spesso, vi è carenza di tali dispositivi legata ad indisponibilità o ad un uso improprio.
  4. Necessità, per i pazienti di ricevere anche un sostegno emotivo da parte del personale sanitario, oltre che le adeguate cure mediche.
  5. Vissuti di frustrazione, paura, colpa, con associati sintomi d’insonnia e crollo psicofisico, soprattutto tra il personale esposto ad una maggiore richiesta di cura.

A fronte di tali difficoltà sarebbe utile adottare comportamenti ed accorgimenti funzionali come (CSTS, 2020c; CSTS, 2020g):

  1. Prendersi cura di sé e dei propri bisogni al fine di essere efficienti nel prendersi cura degli altri. È importante concedersi delle pause e dei momenti di distrazione, svago, o riposo nonostante spesso questo sia ostacolato da vissuti di colpa verso i pazienti, costretti in ospedale e sofferenti, e verso i colleghi in prima linea durante i propri momenti di pausa.
  2. Mantenere rapporti tra colleghi anche condividendo vissuti emotivi oltre che una comunicazione costruttiva e “ottimista”. Identificare insieme gli errori e rivederli in maniera costruttiva. Complimentarsi l’uno con l’altro, condividere soluzioni, idee, frustrazioni promuovendo lo sviluppo e l’utilizzo di abilità di problem solving.
  3. Restare in contatto con i familiari ed accogliere il loro sostegno permettendo così anche a loro di supportare il lavoro svolto.
  4. Rispettare le diversità nelle modalità di reazione.
  5. Aggiornarsi su risorse autorevoli e limitare l’esposizione ai media.
  6. Monitorare il proprio stato emotivo e la presenza di eventuali sintomi come tristezza persistente, sintomi intrusivi, difficoltà nel sonno, senso di colpa, assenza di speranza. In questi casi è bene parlarne con un collega e un responsabile e cercare aiuto professionale.
  7. Onorare il proprio lavoro e quello dei colleghi, perché nonostante frustrazioni e ostacoli di vario genere si sta rispondendo ad una nobile chiamata per la tutela della vita.

Prendersi cura di bambini e adolescenti: vissuti, bisogni e compiti di cura genitoriali

I bambini e i ragazzi, indipendentemente dall’età, possono manifestare vissuti di preoccupazione o disagio emotivo durante e a seguito di un’emergenza sanitaria. Possono attivare comportamenti di attaccamento ai caregiver e richieste di accudimento, sentirsi ansiosi, ritirarsi, sentirsi arrabbiati o agitati, avere incubi notturni, enuresi, frequenti cambiamenti d’umore (CSTS, 2020a).

Bambini e ragazzi sperimentano sensazioni di sollievo se riescono di esprimere e comunicare i loro sentimenti di inquietudine in un ambiente sicuro e supportivo; è importante, pertanto, normalizzare e validare tali vissuti, cercare di comprendere i loro bisogni attraverso, ad esempio, un’attività creativa come giocare e disegnare, che può facilitare la self-disclosure e aiutare i bambini a trovare modi positivi per esprimere sentimenti angoscianti come rabbia, paura e tristezza. È noto, inoltre, che parte delle reazioni emotive e comportamentali dei bambini si modellino sulla base dell’esempio fornito dagli adulti di riferimento e risulta, pertanto, importante che questi possano mostrarsi calmi e fiduciosi e possano esprimere le proprie emozioni condividendole anche con bambini e ragazzi, al fine di garantire supporto ai figli, oltre che per fornire un esempio funzionale di come gestire emotivamente tale emergenza. In questo modo si confermerà ai bambini che anche i loro “eroi” più vicini possono sperimentare emozioni per loro brutte o inaccettabili.

Come già detto in riferimento agli adulti, è bene considerare che non tutti i bambini o ragazzi hanno reazioni psicologiche omogenee e ciò dipende da una commistione di fattori individuali e contestuali (NCTSN, 2020).  Alcuni indicatori da tenere in considerazione rispetto al benessere dei figli sono:

  • Pianto eccessivo o episodi di rabbia in bambini più piccoli.
  • Comportamenti regressivi rispetto alla fase di sviluppo.
  • Eccessiva paura o tristezza.
  • Cambiamenti nell’alimentazione e nel sonno.
  • Irritabilità, specialmente negli adolescenti.
  • Calo del rendimento scolastico.
  • Difficoltà di attenzione e concentrazione.
  • Diminuzione di interesse per attività piacevoli nel passato.
  • Sintomi somatici.
  • Uso di sostanze.

Alcuni aspetti peculiari legati alla fase evolutiva possono essere così sintetizzati (Center for Disease Control and Prevention, 2020a):

  • bambini di 2 anni possono piangere più spesso del solito e richiedere più attenzioni e affetto, mentre bambini in età prescolare possono presentare comportamenti regressivi, come episodi di enuresi, ansia da separazione dalle figure genitoriali, capricci o manifestazioni di rabbia e difficoltà nel sonno;
  • bambini più grandi (7-10 anni) possono sperimentare tristezza o paura che l’emergenza possa ripresentarsi, anche come esito dell’esposizione ad informazioni distorte tra pari; inoltre, alcuni bambini possono manifestare difficoltà di concentrazione o focalizzarsi sui dettagli dell’evento e parlarne durante buona parte della giornata, mentre altri possono manifestare evitamento;
  • pre-adolescenti ed adolescenti possono manifestare disturbi comportamentali o, d’altro canto, ridurre il tempo di frequentazione con i pari. Possono talvolta sperimentare vissuti emotivi di elevata intensità e sentirsi incapaci di esprimerli a parole; talvolta tali vissuti emergono attraverso irritabilità e comportamenti oppositivi verso fratelli, genitori o altri adulti;
  • bambini con bisogni speciali, neuro-diversità, problematiche psicologiche, possono sperimentare uno stress più intenso ed un minore senso di controllo. Potrebbero pertanto necessitare di maggiori spiegazioni e rassicurazioni oltre che un maggiore conforto attraverso il contatto fisico.

Di seguito vengono riportate le indicazioni principali da seguire con bambini e adolescenti (CSTS, 2020a).

  1. Limitare l’esposizione dei bambini alle notizie, soprattutto se non accompagnati da adulti, dal momento che i bambini possono interpretare in maniera distorta ciò che ascoltano e spaventarsi di conseguenza;
  2. Cercare di mantenere una regolarità. Un aspetto importante è mantenere le routine e gli orari regolari il più possibile o crearne di nuovi, pianificare attività come l’apprendimento e lo studio, il gioco, anche motorio, e momenti di relax, nel rispetto della sicurezza dei bambini e delle diverse disposizioni nazionali. Alcuni esempi di attività potrebbero comprendere: incoraggiare la partecipazione dei bambini nelle faccende domestiche per facilitare il loro senso di efficacia in modo anche coinvolgente ed accogliente; rendere il momento dell’igiene sereno, accurato e divertente anche attraverso l’uso di rime, canzoni o giochi o storie immaginarie (storie immaginarie sul virus da creare insieme, leggere o disegni da colorare).
  3. È importante dedicare del tempo per parlare con i bambini circa il COVID-19 utilizzando un linguaggio chiaro ed adeguato all’età e adottando un atteggiamento autenticamente comprensivo ed accogliente.

– Confrontarsi con loro su idee sbagliate e talvolta stigmatizzanti, per esempio, evitando termini diversi da “coronavirus”, come ad esempio “Virus cinese”, poiché aumentano lo stigma e consentono il perpetuarsi di idee sbagliate sulla malattia.

– Fornire esempi concreti su ciò che sta accadendo ed informazioni chiare, a misura di bambino, spiegando cos’è il COVID-19, come ridurre il rischio di infezione e rimanere al sicuro a casa, dandogli la possibilità di esprimere preoccupazioni e dubbi.

– Dimostrare ai bambini come possono mantenersi al sicuro (ad esempio, mostrando loro un efficace lavaggio delle mani), rassicurandoli che riceveranno cure mediche adeguate nell’eventualità che si ammalino.

– Evitare di speculare su voci o informazioni non verificate di fronte ai bambini. Limitare e monitorare attentamente l’utilizzo dei media da parte dei bambini cercando di ridurre la potenziale confusione, preoccupazione e paura, chiarificando ciò che è certo e ciò che è sconosciuto.

  1. Mantenere un ambiente sensibile e premuroso intorno ai bambini. I bambini hanno bisogno dell’amore degli adulti e spesso di un’attenzione più dedicata nei momenti difficili, che va accolta come richiesta di aiuto, sicurezza e conforto. È bene assicurare la vicinanza ai genitori e alla famiglia, se considerati come un posto sicuro per i bambini, ed evitare il più possibile di separarli dai loro caregiver. Se, per varie ragioni, i bambini non hanno la possibilità di restare con i loro genitori, assicurare contatti regolari e frequenti (ad es. tramite telefono, videochiamate) e rassicurarli. Laddove il bambino debba essere separato dal suo caregiver primario, è importante assicurarsi che siano fornite adeguate cure alternative e che siano garantite tutte le misure di protezione e accudimento.
  2. Laddove i segnali di malessere del bambino espressi a livello somatico o comportamentale risultino particolarmente intensi o persistenti, non aver timore di contattare un professionista per collaborare insieme al fine di garantire il benessere del bambino.
  3. Nel momento in cui l’emergenza si riduce, assicurare comunque al bambino l’opportunità di parlare di quanto accaduto e di esprimere i propri pensieri, dubbi e preoccupazioni. E’ anche bene mantenere contatti tra le figure che si prendono cura del bambino per confrontarsi su eventuali reazioni o comportamenti manifestati dallo stesso (Center for Disease Control and Prevention, 2020a).

Il benessere della collettività: il ruolo peculiare della comunicazione

Com’è stato ampiamente descritto, la situazione stressante in cui viene richiesto distanziamento sociale e isolamento, può esporre la popolazione a fattori di stress sia durante che dopo tale periodo e può provocare effetti collaterali acuti e psicologici a lungo termine. Tuttavia, considerando la comunità e le reazioni in termini di collettività, si può evidenziare come l’impatto dell’epidemia abbia assunto particolari sfaccettature in relazione alle diverse fasi di diffusione: in un primo momento e in corrispondenza delle regolamentazioni governative, sono emerse reazioni di massa caratterizzate dall’allontanamento dalle zone più critiche (ricongiungendosi alle famiglie in altre regioni, raggiungendo la casa al mare o in montagna, andando in vacanza) e dall’assalto ai supermercati ed alle farmacie. In una seconda fase, si è assistito, invece, ad uno spirito condiviso di cooperazione ed accentuato altruismo, tipico di molte emergenze e catastrofi e che è spiegabile in termini di processi di identità sociale, che riflettono un nuovo senso di appartenenza derivante dall’esperienza comune.

Al fine di potenziare le risorse della comunità, come fattori protettivi per il benessere della popolazione, è importante che le pubbliche autorità mettano in campo azioni e strategie funzionali orientate a principi chiave quali speranza, sicurezza, connessione sociale ed autoefficacia percepita (CSTS, 2020d). È necessario, infatti porre grande enfasi sulla forza e sull’intraprendenza delle comunità piuttosto che su debolezze e vulnerabilità.

I membri della comunità possono essere preparati con tempestività e accuratezza ad informazioni aggiornate sull’educazione alla salute pubblica, fornite al meglio per mezzo di un utilizzo di comunicazioni di rischio efficaci e continue. La comunicazione dei rischi è uno strumento fondamentale per ottimizzare la risposta psicologica e comportamentale di un’organizzazione o di una comunità; essa comporta la condivisione d’ informazioni sui rischi, del significato di quest’ultimi, nonché delle decisioni e delle azioni politiche volte a gestirli. Un’efficace comunicazione genera fiducia e collaborazione, riduce lo stress e consente ai membri della comunità di concentrarsi sullo svolgimento dei loro ruoli a casa e a lavoro. Le autorità possono migliorare la capacità di generare minacce per la salute pubblica attraverso le seguenti azioni (CSTS, 2020d):

  1. Utilizzare principi di comunicazione del rischio efficaci, tra cui fornire informazioni su base regolare e tempestiva, condividere le conoscenze sulla minaccia, evitare speculazioni, essere sempre sinceri, evitare false promesse, fornire informazioni aggiornate, quando disponibili, ed anticipare la necessità di ripetere i messaggi.
  2. Fornire un’educazione sanitaria e delle risorse che consentano alle persone di prendere misure di base per prepararsi a casa e sul lavoro a nuove ed emergenti minacce; ciò migliora l’efficacia di sé e della comunità e riduce le paure.
  3. Incoraggiare le famiglie e la comunità a lavorare insieme sulla pianificazione e preparazione, in modo che possano apprendere i rischi e condividere informazioni accurate che forniscono rassicurazioni e riducono l’incertezza.
  4. Fornire alle persone un meccanismo per condividere le preoccupazioni sulle minacce nuove ed emergenti ed ottenere risposte alle loro domande; l’uso di informazioni su risorse online e linee di numeri gratuiti da contattare, condivise in modo ampio e ripetuto, può ridurre l’angoscia e responsabilizzare i membri della comunità ad impegnarsi in comportamenti di auto-cura.
  5. Anticipare che l’angoscia per le nuove minacce rappresenta una sfida particolare per le persone che non l’hanno mai sperimentata in precedenza; una messaggistica mirata e un’istruzione possono migliorarne il benessere.

Inoltre, integrare messaggi positivi in tutti i messaggi pubblici (TV, social media, ecc.) promuoverà il benessere della popolazione. È responsabilità di tutti i settori (ad es. protezione, istruzione) compresi i media, condividere tali messaggi. Una campagna di sensibilizzazione pubblica completa dovrebbe essere mobilitata al fine di educare le comunità, ad affrontare lo stigma e le paure eccessive di contagio e incoraggiare il pubblico a valorizzare e sostenere i lavoratori in prima linea.

Armonizzare la cura degli altri e cura di sé

Nel corso della pandemia, sebbene condividere spazi e tempo con i familiari, o con coinquilini favorisca il senso di connessione sociale, è tuttavia possibile che si presentino momenti di tensione o difficoltà nella co-abitazione e nella gestione delle routine. Talvolta può sembrare superfluo o inaccettabile prendersi cura di sé, soprattutto nei momenti in cui si è esposti alla necessità primaria di prendersi cura delle persone più fragili, familiari o no. Spesso, quindi, essere focalizzati su ciò che è sotto il proprio controllo, riconoscere e accettare i sentimenti negativi  che possono presentarsi, prendersi cura di sé, nelle giuste misure, nei giusti tempi e spazi, potrebbe facilitare l’ascolto  e l’attenzione per le persone vicini (Australian Psychological Society, 2020).

Alcuni esempi di strategie e accorgimenti comprendono (Australian Psychological Society, 2020):

  1. Prendersi cura del proprio corpo. Fare respiri profondi, esercizio regolare, mantenere un’alimentazione sana ed un regolare ritmo sonno-veglia.
  2. Dedicare del tempo ad attività piacevoli o rilassanti, cercando di mantenere stabile l’umore ed incrementare le possibilità di distrazione e divertimento.
  3. Restare in contatto con altre persone ed in particolare condividere i propri vissuti e le proprie preoccupazioni con persone fidate.
  4. Garantire un’equa divisione dei compiti e doveri.
  5. Individuare attività piacevoli da condividere insieme come guardare la tv, giocare insieme
  6. Mantenere il rispetto per l’altro in caso di discussioni, per esempio allontanandosi dalla stanza e prendendosi del tempo per calmarsi in modo da poter riprendere successivamente la conversazione e riparare eventuali offese arrecate o incomprensioni.

Molte persone, inoltre, stanno sperimentando l’home working, che ha una particolare rilevanza nella definizione della propria giornata.

In generale, per gestire al meglio la propria routine, sarebbe consigliabile (Australian Psychological Society, 2020; Center for Disease Control and Prevention, 2020b):

  1. Cambiare l’abbigliamento a seconda delle attività strutturate e previste per la giornata;
  2. Dedicare un preciso tempo della giornata alle attività lavorative da svolgere in uno spazio della casa confortevole e privo di distrazioni. Questo può aiutare ad ottimizzare il tempo e soprattutto a preservare il confine tra la vita lavorativa e la vita personale: a tal fine è importante comunque garantirsi delle giuste pause dal lavoro e, una volta terminato il lavoro, dedicarsi alle attività di vita quotidiana;
  3. Tenere a mente che questo è un periodo temporaneo ed utile per il bene dell’intera società; si tratta sostanzialmente del nostro contributo e di un’opportunità per sostenere e collaborare con coloro che sono in prima linea nella cura dell’epidemia;
  4. Evitare l’uso eccessivo dei social dal momento che può facilitare l’esposizione a notizie talvolta non veritiere e incrementare i pensieri catastrofici.

Conclusioni

L’emergenza coronavirus ha sconvolto il mondo intero, sovraccaricando il sistema assistenziale, imponendo drastici cambiamenti allo stile di vita individuale e collettivo, piegando l’economia e lo stato sociale e tutto questo potrebbe esitare in un aumento esponenziale della sofferenza psicologica   associata a diversi quadri clinici, soprattutto trauma-correlati. Il confronto con queste esperienze di impotenza, tuttavia, obbliga ciascuno a interrogarsi sul vero significato della vita, mettendo in piena luce i piccoli gioielli ritrovati nelle relazioni sociali e nella quotidianità. Assistiamo a variegate espressioni di accresciuti sentimenti di coesione sociale, di corresponsabilità e impegno solidale. Dilaga inoltre l’offerta di supporto psicologico con la condivisione di buone prassi per la gestione dello stress vissuto dai sanitari, dalle famiglie, dai ragazzi e dalle realtà sociali, educative e scolastiche.

Esiste un’ampia mole di ricerche che evidenzia, d’altro canto, il potere potenzialmente trasformativo di esperienze straordinariamente eccezionali. Contiamo oggi su una ricca area di ricerca che studia e promuove la crescita post-traumatica, tutti quei processi psicologici, conseguenti a esperienze traumatiche, alla base dei cambiamenti in positivo nella percezione di sé, nelle relazioni interpersonali, nel progetto di vita. Questi processi si fondano sulla possibilità di trovare una cornice di significato e di dare valore all’esperienza traumatica che se sapientemente supportati possono promuovere vere e proprie occasioni di rinascita. Tutto questo ci restituisce fiducia e speranza nel futuro, anche perché possiamo contare sui protocolli d’intervento psicologico fondati su solide basi scientifiche e verificati nell’efficacia, che ci potranno consentire di armonizzare e affrontare con competenza le tante sofferenze derivanti dalla pandemia.

 

Bibliografia

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Affiliazione degli autori

 T. Antonicelli*, E. Capriati*, A. Laforgia*, R. Porcelli*, A. Sgaramella*, M.G. Foschino Barbaro^*

*Associazione Italiana di Psicoterapia Cognitiva, (AIPC) Bari

^U.O.S.D. Psicologia Azienda Ospedaliera Policlinico Giovanni XXIII Bari, Direttore Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva  AIPC sede di Bari

 

Per comunicare con l’autore potete scrivere alla mail personale, se fornita, o a quella della rivista: psicoterapeutiinformazione@apc.it

Psicoterapeuti in-formazione è una rivista delle scuole di formazione APC (Associazione di Psicologia Cognitiva) e SPC (Scuola di Psicoterapia Cognitiva). Sede: viale Castro Pretorio 116, Roma, tel. 06 44704193 pubblicata su www.psicoterapeutiinformazione.it

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