Le ricerche sulla diffusione dei siti pro-ana

Diversi studi  sono stati condotti allo scopo di comprendere la diffusione di tale fenomeno. Primo  fra  tutti, Lapinski ha ritenuto che essi potrebbero  rappresentare  un hobby  per le partecipanti (Lapinki 2006); Tierney (2006) ha ipotizzato che il movimento pro-anoressia possa costituire una modalità utilizzata per contrapporsi al consumo di cibi fast food, all’abuso di alcool e alla natura materialistica della società occidentale contemporanea. Ancora, altri (Mulveen & Hepworth, 2006) ritengono che i siti pro-ana rappresentino un meccanismo di coping teso a gestire il carico emotivo derivante dal perseguimento di condotte alimentari estreme, come quella anoressica. Csipke & Horene (2007) affermano che tali siti rappresentano un aiuto in termini di supporto emotivo, anche se non tralasciano di ricordare che visitare tali siti comporta un mantenimento e peggioramento del disturbo. I risultati del loro studio mostrano comunque come coloro che attivamente partecipano a queste discussioni riferiscano un miglioramento del benessere emotivo dato dalla minore sensazione di solitudine e come questo possa fungere da incentivo a partecipare alle discussioni stesse.

Tra le molteplici spiegazioni proposte, tre sembrano essere le più accreditate. La prima ha a che fare con la possibilità di ottenere consigli su come poter perdere peso o su come mantenere ed intensificare la restrizione alimentare. La seconda ipotesi attribuisce la popolarità dei siti ad un senso di comunità che si viene a creare tra le partecipanti. La terza ed ultima ritiene che i siti siano tanto popolari perché sembrano fornire a chi li utilizza un vero e proprio senso di identità.

La spiegazione circa la possibilità che i siti pro-ana sia tanto diffusi perché diano delle spiegazioni su come mantenere ed intensificare il comportamento patologico, deriva dall’osservazione delle grandi quantità di informazioni presente online relative a tale argomento. La presenza così ingente di informazioni di questo tipo sembra testimoniare l’altrettanto elevata richiesta, spinta molto probabilmente da un effettivo bisogno delle partecipanti di ottenere specifici consigli sul come perseguire la condotta alimentare restrittiva.

Delle tre possibili spiegazioni circa la popolarità del fenomeno pro-ana in internet, quella riguardante la creazione di un senso di comunità è quella più frequentemente discussa. Vari studi infatti dibattono sul cosa costituisca una comunità, su come internet crei un tale senso di comunità, e su come quest’ultima definisca se stessa. Nello specifico caso dei siti pro-ana, ciò che apparentemente determina il senso di comunità è ascrivibile alla percezione di trovarsi e muoversi in uno spazio protetto in cui le partecipanti possano esprimere liberamente le proprie idee e discutere circa le proprie preoccupazioni senza alcun timore di giudizio (Dias 2003; Mulveen & Hepworth, 2006; Willson et al., 2006). Oltre ad offrire un’opportunità di libera autoespressione, i siti pro-ana promuovono un senso di amicizia in un gruppo di persone che molto probabilmente sono carenti di relazioni interpersonali significative nella vita quotidiana (Davis & Lipsey 2003), in una fase di sviluppo in cui il gruppo dei coetanei costituisce un punto di riferimento fondamentale nel superamento dei diversi compiti di sviluppo e nel processo di costruzione dell’identità adolescenziale. I dati di ricerca dimostrano come è possibile stimare attorno al 75% la percentuale di adolescenti che fra i 15 ed i 17 anni frequenta con regolarità un gruppo di coetanei formatosi in modo spontaneo (Maurizio, 1994). Il gruppo funziona come luogo di apprendimento, di sperimentazione e di controllo delle azioni individuali, e di confronto e valutazione delle diverse componenti che concorrono a costruire il concetto di sé dell’adolescente. Csipke & Orene (2007) fanno inoltre notare come le persone che soffrono di anoressia vivano una condizione di svantaggio sociale poiché la maggior parte delle occasioni di socialità prevede proprio il consumo di cibo e bevande, ed è facile immaginare, a partire da ciò, come esse manchino di un gruppo di pari di riferimento stabile. Abbate Daga (2006) valuta tale considerazione in termini peggiorativi, asserendo che gli individui con disturbi alimentari ricerchino accettazione attraverso internet allo scopo di conquistare l’illusione di avere una vita sociale, fornita da questi siti sotto forma di frequenti testimonianze reciproche di amicizia e sostegno. Inoltre, ciò che sembra contribuire alla percezione di comunanza, è la sensazione condivisa dalle partecipanti di essere delle “perseguitate”; infatti il gruppo è tanto più affiatato quanto più la minaccia di chiusura del sito da parte delle autorità si fa incombente. Tale minaccia di chiusura è giustificata dall’idea che i contenuti, peraltro facilmente accessibili, presentino caratteristiche di pericolosità in termini di salute fisica. Ancora, le partecipanti sono unite contro coloro i quali sembrano minacciare la sicurezza della loro comunità. Il pericolo viene intravisto nei fruitori occasionali dei siti, che sembrano non condividere l’appartenenza alla filosofia estrema ANA, ma piuttosto essere alla ricerca di semplici consigli o informazioni riguardanti diete. Inoltre, la minaccia risiede in coloro i quali sembrano non solo non appartenere alla filosofia ANA, ma essere in totale disaccordo rispetto ai suoi principi e fondamenti, che espresso attraverso aspre critiche lasciate sugli stessi siti: “Che cretine, andate in Africa a vedere qual’è la vera magrezza per fame e non contro la fame…illuse…”. Questo senso di “noi VS voi” crea un forte legame tra le appartenenti alla comunità pro-ana online.

Giles (2006), osservando la non coerenza tra le varie definizioni della filosofia pro-ana che circolano nei diversi siti, ha ipotizzato che la mancanza di un concetto profondamente condiviso potesse testimoniare come il gruppo il realtà fosse unito, più che da motivi ideologici, da motivi strettamente personali. Ciò sembra ancora una volta suggerire come nella formazione del senso di comunità appaia prioritario costituire intense relazioni personali piuttosto che dar vita ad una filosofia coerente. L’autore asserisce quindi che la pericolosità di tale movimento non risieda tanto nella capacità di indottrinare le appartenenti, quanto piuttosto nella concreta possibilità di vivere dei veri e propri legami di amicizia e sentimenti di appartenenza e comunanza. Nonostante ciò possa apparire innocuo, tuttavia risulta assolvere una pericolosa funzione di rinforzo positivo per il disturbo alimentare.

Lo sviluppo di relazioni basate sul disturbo alimentare, risulta essere ancor più pericoloso poiché proprio le relazioni giocano il ruolo di maggior importanza nella formazione dell’identità. L’adolescenza rappresenta il periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta, in cui entrano in gioco sia fattori biologici, che fattori sociali e psicologici e in cui assume un ruolo cruciale il contesto in cui avviene questo processo. Il progressivo distacco dalla famiglia e l’acquisizione, anche parziale, di autonomia si accompagnano ad una maggior attenzione nei confronti del mondo dei coetanei, percepito come luogo di sperimentazione ed incontro con valori nuovi ed originali, dove l’adolescente ha la possibilità di sperimentare nuovi ruoli e di verificare le scoperte che sta facendo circa la realtà. Nell’adolescenza si attiva una vera e propria riorganizzazione del sistema del sé, resa possibile anche grazie all’acquisizione di nuove e più complesse abilità sul piano cognitivo (Piaget, 1932). Per gli adolescenti acquisire una propria identità significa “considerarsi come persone uniche e coerenti, nonostante la molteplicità e la diversità di ruoli giocati nei propri contesti di vita, sentire che gli altri riconoscono la propria unicità e specificità e percepire di essere in grado di autodeterminazione nelle proprie scelte (responsabili dei propri destini)” (Mancini,1999). La partecipazione ai siti pro-ana  favorisce l’assimilazione, se non la sovrapposizione,  della propria identità al disturbo alimentare. Secondo Emma Rich (2006), poiché i DCA permeano le relazioni personali ed il concetto di sé, entrambi considerati elementi fondamentali nella formazione dell’identità, è molto probabile che i disturbi alimentari stessi rappresentino la maggior parte dell’identità personale di chi ne soffre. Ciò viene confermato da uno studio di Brotsky & Giles (2007), in cui una delle partecipanti afferma “ If i am not ana, then IDK [ I don’t know] what i am”. Williams & Reid (2007) supportano questa idea e spiegano perché spesso la filosofia pro-ana esiti in una avversione alla guarigione: per le persone che soffrono di un disturbo alimentare, abbandonare il disturbo equivale ad abbandonare la propria identità per creare un senso di sé completamente rinnovato.

In conclusione, la pericolosità dei siti pro-ana sarebbe rappresentata dalla combinazione tra il senso di appartenenza derivante dalla condivisione della filosofia ANA ed il rischio di identificare il se’ con il disturbo alimentare.