Trattamento psicoterapico

L’ipotesi diagnostica formulata è stata di disturbo oppostivo-provocatorio (DSMIV).

Si stabilisce con la famiglia il seguente contratto terapeutico: un incontro  alla settimana   per la coppia genitoriale  e 2 incontri mensili con il bambino.  Si concorda di modificare la frequenza degli incontri con i genitori, mano a mano che la gestione del comportamento- problema del bambino fosse stata possibile.

Fase di assesment

Con i genitori si effettuano 6 incontri di raccolta informazioni. Al termine dei quali si condivide la comprensione del comportamento-problema secondo i parametri dell’Analisi Funzionale (vedi figura 1).

 Sd                                                 C                                                                    S+

 ?                                        rottura di oggetti e                                          assecondare le   

                                   aggressione fisica alla                                     pretese del b.                                                              alla mamma                                                    contenimento fisico

Figura 1. Ricostruzione del comportamento problema

In questa prima fase non è stato possibile individuare gli antecedenti, ovvero si individuavano molteplici  richieste assurde del bambino utilizzate come pretesti per attivare la sequenza comportamentale descritta, ma nessun significato comune o funzionale era stato individuato.

In seguito a ciò, ho proposto ai genitori un intervento sulla relazione funzionale C  Þ  S+, con lo scopo di estinguere il comportamento  problema ( o di ridurlo) sottraendo i rinforzi.

Con il bambino sono stati effettuati 4 incontri ( con cadenza settimanale), nei quali è stato impossibile effettuare una valutazione testistica per l’esplicito rifiuto del bambino. M. veniva volentieri agli incontri, ma voleva decidere lui cosa fare ( sceglieva di costruire con vario materiale mostri). A proposito dei suoi comportamenti, riferiva che era lui a comandare (“sono più forte dei miei genitori!”) e che non aveva paura di nulla e di nessuno.

Concordo con il bambino di continuare a incontrarci per “conoscerci meglio”, allo scopo di instaurare una relazione significativa funzionale alla comprensione del disagio del bambino, definendo però  il seguente setting: una attività in seduta la sceglieva lui, un’altra io. M. accetta.

Intervento con i genitori: scopi e strategia

Lo scopo dell’intervento con i genitori è stato quello di eliminare S+ ( rinforzo), perché sembrava chiaro dalle sequenze descritte dai genitori che M. faceva del tutto per arrivare al contenimento fisico o all’assecondamento delle proprie richieste e che dopo di questo la crisi si placava.

M. ha risposto al cambiamento di risposta ai suoi soliti comportamenti con un aumento significativo dei suoi comportamenti aggressivi ( arrivando ad impugnare coltelli e a minacciare la mamma). Pur avvertiti e messi al corrente che questa sarebbe stata la conseguenza immediata del cambiamento messo in atto, i genitori hanno espresso la loro difficoltà a continuare il lavoro proposto perche timorosi che M. nella sua escalation potesse realmente mettersi in pericolo o mettere in pericolo l’incolumità anche della sorellina più piccola.

In seguito a ciò, preso atto delle difficoltà dei genitori e dei rischi ipotetici, con i genitori ho reimpostato il lavoro cercando allora di andare a modificare la relazione funzionale Sd               C. Dopo un lungo periodo di osservazione  del comportamenti del bambino ( attraverso una scheda di registrazione e un diario giornaliero), cercando di individuare   cosa era in relazione alle richieste assurde, ho individuato la seguente sequenza comportamentale descritta nella figura 2.

          Sd

      Sdc

    C

     S+

Qualunque evento o pensiero che determinava un’emozione negativa      ( paura, frustrazione)

Pretesti o richieste assurde

Acting out

Contenimento fisico

Figura 1. Sequenza comportamentale

Concordo con i genitori di verbalizzare loro al posto del bambino le emozioni o i pensieri del momento, appena M. iniziava a fare richieste assurde con il pretesto di attivare la sequenza comportamentale abituale.

Come esempio si riporta una sequenza tipica:

– M: (inizia a fare una richiesta assurda appena rientra da scuola) Perché il volume della televisione è alto?!….non voglio sentire rumori!!!

– Madre M. stai cercando dei pretesti per litigare, non è che per caso è successo qualcosa a scuola che ti ha fatto arrabbiare? / M. che per caso ti è venuto il dubbio che oggi a scuola hai avuto un’assenza  (crisi epilettica) e che i tuoi compagni se ne sono accorti e tu no ? / M. non è che per caso sei preoccupato perché tra una settimana dobbiano andare a fare una RM all’ospedale?

– M: ……..( ascoltava e poi se ne andava).

Successivamente M. ha iniziato a rispondere alla mamma, descrivendo cosa era successo o cosa aveva pensato in quel momento.

I comportamenti aggressivi del bambino sono gradualmente diminuiti: prima nell’intensità e durata ( M iniziava a rompere gli oggetti, ma gradualmente si calmava) non necessitando più del contenimento fisico dei genitori. Successivamente il bambino non attivava nessuna forma di acting out, limitandosi a fare una richiesta assurda.

Questo tipo di intervento, sistematicamente applicato dalla mamma ( che in funzione di ciò aveva deciso di prendere un mese di aspettativa dal lavoro) nel mese di applicazione aveva portato ad una riduzione delle crisi, quantificabile: al massimo due volte alla settimana.

Nell’arco di tempo di 3 mesi tali crisi si ripresentavano in media 2/3 volte al mese.

L’esito di questo lavoro aveva prodotto i seguenti risultati:

·           diminuzione significativa del comportamento aggressivo ( le crisi aggressive avevano una frequenza non più giornaliera o settimanale, ma mensile, con lunghi periodi di completa assenza, sopratutto durante il periodo estivo);

·           diminuzione dei comportamenti “strani” del bambino: abbigliamento adeguato alla stagione, non richiesta di riscaldare i panni prima di essere indossati, non mangiare più direttamente dalla pentola, non rifiuto di lavarsi;

·           la possibilità della famiglia di fare una vita sociale più stimolante ( andare spesso a cena al ristorante, andare in vacanza) e comunque “normale” anche per la sorellina più piccola che poteva così uscire più spesso;

·           la possibilità di M. di frequentare alcune attività extra-scolastiche ( ginnastica artistica, campus estivo);

·           maggior desiderio del bambino di socializzare;

·           andare al mare in costume ( il bambino negli ultimi 2 anni non era più andato al mare).

Intervento svolto con il bambino

Con il bambino gli incontri avevano lo scopo di instaurare una relazione significativa con un triplice obbiettivo:

1.         far rispettare a M. il setting terapeutico

2.         aiutare il bambino a prendere consapevolezza della sua focalizzazione e attenzione ai segnali ostili provenienti dagli altri, adulti o coetanei, che lo portava a percepire continue ingiustizie e ostilità nei suoi confronti, che giustificavano il suo rancore o rabbia o rifiuto ad ubbidire. M. riferiva che erano i genitori che lo sgridavano o “gli salivano sopra “ facendogli male, che erano i compagni che lo infastidiva, che erano le insegnanti che ingiustamente lo obbligavano a fare delle cose “noiose. 

3.         poter lavorare con il bambino sulle emozioni/paure relative al suo stato di salute ( per quanto riguarda l’epilessia), facendo in modo che esse potessero trovare un canale di espressione diretto, attraverso la verbalizzazione e non solo attraverso i comportamenti agiti. Inoltre questo era funzionale ad aumentare le competenze di mentalizzazione del bambino con lo scopo di sostituire a C ( acting out) C’ ( differenziazione emotiva).

Con il bambino è stato possibile solo poter condividere alcuni stai d’animo riferiti alla sua malattia, che brevemente riporto qui di seguito.

·      timore delle assenza semplici ( “tutti se ne possono accorgere meno che io..cosa mi può succedere?”)

·      timore di essere portato in giro dai compagni perché prende i farmaci per l’epilessia

·      vergogna per avere l’epilessia ( rispetto ai coetenei)

·      paura per il suo futuro ( “perché continuo a prendere i farmaci e non guarisco? Fino a quando li devo prendere ?”).

Ogni tentativo diretto o indiretto ( attraverso storie, fumetti, gioco..) di lavorare su quanto inizialmente deciso è stato rifiutato dal bambino. M. pur ascoltando le mie proposte ( per esempio lasciandomi raccontare una storia) poi rimaneva in silenzio.

Interventi su altri setting

Il lavoro su questo caso clinico ha previsto oltre che un lavoro terapeutico con la famiglia ( genitori e bambino), anche l’attivazione di più risorse :

1.     colloqui con le insegnanti, per condividere la strategie comune  di gestione delle provocazioni e comportamenti oppositivi del bambino nel contesto classe

2.    richiesta di consulenza specialistica ( neurologo) per i genitori, per avere informazioni sui possibili effetti collaterali del tumore . E’ emerso che è ipotizzabile una componente organica per il comportamenti impulsivo del bambino.

3.    Richiesta  ai genitori di  effettuare una consulenza specialistica (Centro per l’Epilessia  ) per conoscere gli effetti collaterali della cura farmacologia , per discriminare quanto le difficoltà scolastiche del bambino fossero imputabili alle variabili comportamentali e quanto imputabili alla cura farmacologia. E’ stato confermato che la terapia farmacologia ha di per se come effetto collaterale difficoltà di attenzione, maggiore affaticabilità ecc.., ma che nel caso di M. i danni maggiori sono imputabili alla discontinuità con cui il bambino assume i farmaci.

4.    Richiesta al pediatra di fare diversi incontri con il bambino per informarlo della necessità di prendere i farmaci ( questo è stato fatto durante il periodo in cui M. rifiutava la terapia farmacologia)

5.    Richiesta ai genitori di attivare il Servizio del Centro per l’Epilessia  affinché prevedessero colloqui con il bambino per spiegargli in cosa consisteva l’Epilessia e le assenze semplici      ( questo è stato fatto per evitare che tutte le informazioni sulla malattia il bambino le ricercasse per proprio conto o che venissero date esclusivamente dalla mamma)

6.    Richiesta al personale medico del reparto di Risonanza Magnetica di poter spiegare al bambino l’esito dei suoi esami. ( questo è stato fatto per ridurre l’ansia del bambino circa il suo stato di salute), visto che il dato clinico attualmente è positivo ( ipotetica riduzione della massa tumorale).

7.    Attivare la famiglia affinché il bambino fosse seguito nei compiti da una insegnante esterna. Ciò è stato richiesto sia per permettere al bambino di recuperare difficoltà specifiche, sia per evitare che il momento dei compiti si trasformasse in continui pretesti per attivare la sequenza comportamentale problematica ( perché il bambino faceva sempre i compiti con la mamma). E’ stato fatto un incontro con l’educatrice per condividere la strategia comune di gestione dei comportamenti provocatori del bambino.

 

Dott.ssa  Monia Scoponi

Studio di Psicologia e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, Rimini

Specializzato SPC Ancona, Training C. Conti, R. Mosticoni, C. Perdighe

e – mail: scoponi.monia@libero.it