Training Assertivo

Con questo termine si indica un insieme di strategie con le quali si mette in grado il paziente di esprimere in modo diretto, onesto e completo i propri pensieri in maniera socialmente accettabile e tenendo in debito conto i sentimenti e il benessere degli altri. L’assertività  è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni. Un comportamento è assertivo  quando permette alla persona di agire nel suo pieno interesse e di difendere il suo punto di vista senza un’attivazione emotiva esagerata. Il training assertivo ha lo scopo di addestrare il paziente ad esprimere in modo chiaro  opinioni, emozioni, e bisogni, affermando i propri diritti senza negare quelli degli altri. È indicato per quei pazienti che nelle situazioni interpersonali faticano ad affermare i propri bisogni,  rischiano di inibirli  oppure di esprimerli con aggressività.  E’ importante che essi apprendano che essere assertivi non significa aggredire gli altri o  diventare ostili, egoisti ed insensibili ai bisogni degli altri ma essere liberi di esprimersi. L’anassertività complica i rapporti interpersonali soprattutto per coloro che tendono ad esprimere i propri bisogni solo quando percepiscono di aver subito un torto e lo fanno sull’onda della rabbia, emozione che nasce dalla valutazione della violazione dei propri diritti. Di seguito verranno illustrati i passi da compiere in un training assertivo:

1.        Prendere coscienza del proprio modo di comunicare: Si stimola il paziente, durante la seduta, ad individuare gli episodi di comunicazione problematica spingendolo a riflettere su che cosa voleva ottenere in quella situazione e su come avrebbe voluto comportarsi. Si cerca inoltre di creare la motivazione al cambiamento mettendo in evidenza vantaggi e svantaggi del proprio modo di agire e della possibilità di un cambiamento. E’ importante che siano chiariti i pensieri e le emozioni che gli impediscono di comportarsi in modo diverso da come ha sempre fatto, a tal fine si ricorre al modello ABC.

2.        Rimuovere gli ostacoli: Questo processo avviene attraverso la messa in discussione, da parte del paziente,  dei pensieri disfunzionali servendosi della ristrutturazione cognitiva, lo si aiuta inoltre a distinguere il proprio valore personale dal giudizio degli altri attraverso le tecniche del laddering, e cercando poi di ridurre il potere attivante del giudizio: i giudizi sono solo pensieri dell’altro, non oggetti o certezze. E’ importante, al fine dell’acquisizione di un comportamento assertivo,  che il soggetto sia aiutato a  discutere e riesca a  rimuovere l’aspettativa che l’altro legga la sua mente es: “Se una persona ci tiene a me, dovrebbe capire cosa desidero”.

       Spesso le persone anassertive  faticano a riconoscersi meriti e diritti, per questa ragione il trainer  ricorre alla lettura della “Carta dei diritti”. L’uso della tecnica del  Dialogo Socratico ha lo scopo di far  riconoscere al paziente il proprio valore  e legittimare i propri bisogni e desideri (valgo anch’ io). A questo punto diventa importante imparare ad assumersi rischi e responsabilità riuscendo  a non usare i “si deve”, “non posso”, “non dipende da me”  ma : “voglio”, “ritengo che”, “desidero”, “penso”

3.    Costruire competenze assertive:   Prima di arrivare alla costruzione di competenze assertive è importante individuare quelle mancanti, è possibile infatti che il paziente non sappia come esprimere pareri/critiche, formulare richieste in modo non aggressivo o  manifestare un bisogno senza criticare l’altro. Ciò che deve apprendere è la possibilità di comunicare un messaggio servendosi della prima persona (IO), di assumersi delle responsabilità con i verbi voglio e desidero, di ricorrere ad un messaggio chiaro, diretto, e breve, e di la legittimare i propri bisogni eliminando il ricorso alle giustificazioni. Tutto ciò si realizza attraverso il ricorso a tecniche quali il role playing, dove il paziente può modificare lo stile comunicativo attraverso simulazioni con il trainer, oppure servendosi della  strategia del “disco rotto” che consiste nell’ascoltare e riaffermare il messaggio ripetendolo fino al raggiungimento dello scopo. Il ricorso alla “prova del comportamento” è utile per prendere coscienza del padroneggiamento dello stile assertivo. Il terapeuta assume il ruolo di una persona con cui il paziente ha particolari difficoltà a comunicare (dopo essersi fatto raccontare atteggiamenti e risposte tipiche), quindi lo  invita ad esprimere  ciò che pensa/prova e normalmente inibisce. Ogni affermazione si ripete fino a quando il paziente non dice ciò che desidera con voce ferma, ed arriva a sperimentare poco o nessun disagio. Se l’esercizio è ben eseguito, ad una iniziale sensazione di forte disagio si arriva alla soddisfazione per l’abilità comunicativa appresa. Anche il comportamento non verbale esprime la maggiore o minore assertività nella comunicazione, per questo motivo il trining mira a sensibilizzare il soggetto a:

– Tenere le spalle ben diritte e non gesticolare.

– Guardare negli occhi l’interlocutore.

– Assumere un atteggiamento corporeo di apertura (non incrociare gambe e braccia).

– Mantenere la giusta distanza dall’altro (non invadere lo spazio e non manifestare difficoltà alla vicinanza).

– Parlare lentamente, con tono di voce alto; fare pause (apparire calmi).

4. Stabilizzare il comportamento appreso:  Non sono necessari interventi specifici per stabilizzare il comportamento appreso poiché le conseguenze positive dello stile relazionale assertivo sono rinforzanti di per sé stesse, tuttavia è importante monitorarne l’ attivazione e gli effetti.

Il training assertivo si è dimostrato  una procedura efficace nel trattamento della rabbia perché permette di rivalersi del torto subito senza perdere il controllo e cedere all’aggressività,  con un conseguente aumento  dell’autostima e del senso di efficacia personale nel gestire le relazioni interpersonali.

Ciclo dell’aggressività:

Nel trattamento della rabbia, dopo un’attenta  ricostruzione con il paziente dei fattori scatenanti, dei pensieri ad essi collegati  attraverso il metodo ABC,  è possibile ricorrere all’uso del modello di Clark e Wells (1999) formulato per l’interpretazione degli attacchi di panico. Esso propone che una determinata sequenza di eventi, in una successione circolare conduca all’attacco di panico ed è attualmente conosciuto come “modello del circolo vizioso” del panico.

Gli eventi possono essere interpretati in maniera diversa e scatenare la rabbia anziché l’attacco di panico, infatti se il paziente  sente di aver percepito un torto proverà collera, la quale a sua volta provoca un’attivazione fisiologica con conseguente accelerazione del battito cardiaco, aumento della tensione muscolare, e sensazione soggettiva di calore e di irrequietezza. Quello che accade a questo punto è l’insorgere nel soggetto di “interpretazioni catastrofiche” degli eventi fisici che sta vivendo, erroneamente considerati segni di un imminente disastro, come perdere il controllo e diventare pazzo, aggredire le persone o distruggere tutto. Quest’emozione aumenta in seguito all’interpretazione catastrofica, e blocca la persona all’interno del circolo vizioso. Non è infrequente il ricorso a comportamenti volti all’inibizione della rabbia allo scopo di proteggersi. Essi  sortiscono come effetto, un profondo senso di colpa nell’individuo, dovuto alla sensazione di essere incapace di difendere i propri diritti.

Una volta che il terapeuta è riuscito a ricostruire lo schema del circolo vizioso sarà importante condividerlo con il paziente, al fine di stimolarlo a servirsene come mappa quando si trova in situazioni che lo predispongono alla rabbia. Tutto ciò ha lo scopo di aumentare la consapevolezza dell’individuo rispetto a ciò che gli accade, di darsene una spiegazione e di sapere che il suo terapeuta sa cosa gli sta accadendo.